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Last Summer
L'avevamo lasciata nell'attico del suo appartamento, forse riconciliata con se stessa tra le braccia del padre in una Tokyo allucinata, nel toccante finale dell'ambizioso Babel di Iñárritu. Adesso, Rinko Kikuchi è cresciuta, ha un bambino e deve lottare per impedire che la ricca famiglia occidentale dell'ex-marito lo strappi per sempre alle sue mani.
Ambientata tutta all'interno di un yacht di lusso al largo della costa pugliese di Otranto, la vicenda di questo autentico kammerspiel sulle onde segue da vicino Naomi, la giovane donna giapponese che ha solo quattro giorni di tempo per dire addio al figlio piccolo di cui ha perso la custodia. Sorvegliata a vista dall'equipaggio dell'imbarcazione, Naomi/Kikuchi si appresta così a trascorrere l'ultima estate col proprio figlio prima di lasciarlo per lunghi anni.
L'esordio del regista Leonardo Guerra Seràgnoli, italiano trapiantato a Londra, possiede un respiro internazionale ben lontano dagli orizzonti, spesso ristretti in ogni senso, del cinema patrio. Campi lunghi, equilibrio compositivo accuratissimo se non simbolico dell'inquadratura, prolungati silenzi: qualcosa ci richiama al cinema d'autore orientale, a Takeshi Kitano, a Kiyoshi Kurosawa, per certi versi persino a Kim Ki-Duk depurato però di ogni violenza estetizzante. Sarà merito della collaborazione alla sceneggiatura di Banana Yoshimoto, la nipponica scrittrice di culto degli anni novanta?
Di certo, anche il cast tecnico contribuisce con un notevole apporto, dalla fotografia algida e bellissima di Gianfilippo Corticelli al lavoro sul montaggio di Monika Willi, collaboratrice di fiducia del maestro austriaco Michael Haneke. Abbagliata dalla luce del mare del sud, circondata dalla solitudine che la natura, e la ricchezza, da sole sono in grado di offrire, l'essenziale cornice d'immagini del film è imperniata tutta sulla giovane protagonista e c'è da dire che Rinko Kikuchi, senza tema d'errore, ha le spalle larghe a sufficienza da portare il fardello con un'eleganza, e una pregnanza, tutta giapponese.
La (ri)costruzione delicatissima del rapporto madre-figlio è un piccolo capolavoro di messa in scena e di scavo nelle relazioni umane. Notevolissimo esordio per un regista da tenere d'occhio.