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Stefano Accorsi - foto di Andrea Pirrello
A parte che da tre sceneggiatori, Luca Infascelli, Francesca Marciano, Stefano Mordini, che adattano il romanzo You Came Back di Christopher Coake, ci aspetteremmo di meglio che due distinte ripetizioni nei primi cinque minuti di film - aspettare/aspettare, anno/anno – Lasciami andare è titolo, e non invocazione spettatoriale, sebbene l’inserimento in Mostra, Venezia 77, quale film di chiusura assuma connotazioni interessanti.
Il film è diretto da Mordini, prolifico come pochi altri registi (prossimamente l’adattamento de La scuola cattolica di Albinati), che ha mestiere, ma nulla più. Il protagonista è Stefano Accorsi, la cosa migliore del film: senza strafare, fa quel che deve e lo fa bene. Le donne di questa ghost-story bifamiliare alla veneziana, viceversa, non incantano: Serena Rossi, Maya Sansa e Valeria Golino, a cui aggiungiamo – ha poche pose – Antonia Truppo.
Un po’ A Venezia... un dicembre rosso shocking un po’ – vedrete, nel caso - spiegone fisico-quantistico di Tenet, il film inquadra ossessioni fantasmatiche, rovelli immobiliari e inquietudini esistenziali: Marco (Accorsi) aspetta un figlio da Anita (Rossi), ma prima ne ha perso uno avuto da Clara (Sansa), e quando Perla (Golino) gli rivela che nella casa dove la coppia abitava il bambino è una strana presenza il passato luttuoso torna a imbrigliarlo.
Il bivio al di qua e aldilà non è sciocco, la messa in scena è dignitosa e ci risparmia gridolini, spaventini e altre mosse a aeffetto, ma ai personaggi femminili manca centratura, spettro e profondità, e i dialoghi troppo spesso si rivelano meramente didascalici: senza infamia né lode, questi fantasmi. Ah, il titolo italiano non c’entra nulla. Concludiamo, Lasciami andare ha l'acqua alta ma il respiro corto.