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L'arte della felicità
L'arte di arrangiarsi è da sempre una delle prerogative del popolo napoletano. Cosa è però questa capacità, se non una tensione al superamento di uno stato di afflizione? Se ad essere in ballo è il raggiungimento di un equilibrio tanto vale dire che i napoletani, come tutti del resto, tendono alla felicità. Ciò che li rende unici rispetto agli altri è che strada facendo filosofeggiano, discettano, si perdono in mille pensieri. Non a caso Sergio, il protagonista del film di animazione L'arte della felicità - che apre la 28 Settimana della Critica - , della parola è un campione. E non meno lo sono gli amici, i parenti e la varia umanità che carica sul suo taxi. Un tempo pianista oggi tassista sui generis, il nostro eroe attraversa una città coperta di rifiuti, cupa, minacciata da un Vesuvio sempre sul punto di ricoprirla di lava incandescente. È mai possibile essere felici in una città come questa? Forse no, ma un lampo può arrivare da un incontro occasionale, da uno scambio profondo dalla condivisione delle emozioni, dall'amore che ognuno riesce a dare o ricevere. Persino, anzi soprattutto, in una città come Napoli.
Racconto di vita e filosofia, l'opera di esordio di Alessandro Rak rappresenta una bella sfida perché l'argomento e il segno grafico la collocano in quella fascia di animazione per adulti virtualmente rischiosa. Invece è proprio questo il merito maggiore dell'autore, l'aver concepito libero da condizionamenti un'opera lontana dagli schemi usuali. Rigorosa, amara, ma con un tocco di speranza che alla fine illumina i personaggi e lo sfondo che li avvolge. Rak ha un grande talento, peccato che i dialoghi spesso siano eccessivamente verbosi e non perfettamente in linea con l'asciuttezza del disegno. Resta tuttavia un esordio di cui tenere conto. E l'autore un animatore di cui si sentirà parlare.