Nell'anno del Leone d'Oro al maestro Ermanno Olmi, la Settimana della Critica presenta un film che sceglie come strada l'insolubile commistione tra documentario e dramma di messa in scena. È L'apprenti, primo lungometraggio del giovane Samuel Collardey. Scelto l'ambiente della provincia contadina come teatro del racconto, il giovane operatore francese si mette alla ricerca dei suoi protagonisti, attori non professionisti che vivano nella loro reale quotidianità vicende affini a quelle da lui immaginate. Avvenuto il decisivo incontro, Collardey scrive una vera e propria sceneggiatura usando come materiali di lavoro le lunghe e numerose conversazioni condotte con i due futuri protagonisti del suo film; una volta sul set però mette da parte lo script per lasciare spazio all'"improvvisazione a tema", la ripresa, senza ripetizioni, dei dialoghi e dei gesti che i suoi attori producono, stimolati dalla proposta d'un soggetto.
Il risultato è un solido lungometraggio di ottantacinque minuti, un film di fango, sangue, lacrime e silenzi, l'atipico Bildungsroman che attraverso i due volti del vecchio e ostinato contadino Paul e del piccolo Mathieu racconta con esemplare nitidezza l'iniziazione d'uno svogliato ragazzino di provincia alle responsabilità della vita adulta. Senza mai cercare l'effetto drammatico, Collardey mantiene i suoi attori sempre dentro una cruda concretezza che sa di rigore, di necessità. Senza mai raggiungere altitudini celesti del dire cinematografico, Collardey mantiene la sua macchina da presa sempre alla giusta distanza dai suoi protagonisti, ora registrandone i movimenti precisi, ora attardandosi nell'osservazione dei volti, resi dall'obiettivo vasti paesaggi in continuo fermento.  Un fermento valso a L'apprenti, opera prima di Samuel Collardey, la vittoria alla SIC 2008.