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“Chiunque parla della California gaudente dovrebbe passare un Natale a Sacramento”. Si apre con una citazione di Joan Didion l’opera prima (in solitaria) di Greta Gerwig. Non è difficile, dopo poco, comprenderne il motivo.
Siamo nel 2002, a Sacramento appunto. Città natale della Gerwig stessa (oltre che della scrittrice citata), che sul grande schermo si rivede in Christine McPherson, studentessa 16enne di una scuola cattolica che pretende di farsi chiamare “Lady Bird”, soffre le troppe attenzioni materne e sogna di evadere dalle restrizioni per costruire il proprio futuro in un college newyorkese.
Detta così, sembrerebbe di trovarsi di fronte all’ennesimo film su un coming of age dal sapore trito e ritrito. Ciò che sorprende di Lady Bird, invece, è un insieme di elementi che ne caratterizzano tanto l’andamento quanto il “sedimento”.
Saoirse Ronan e Greta Gerwig sul set del filmSaoirse Ronan – bravissima, premiata con il Golden Globe (andato anche al film come miglior “commedia”) e nominata all'Oscar – è la perfetta incarnazione dell’adolescenza, quella vera, ancora lontana dall’intossicazione da smartphone e social, sospesa tra l’amore familiare (lascia a bocca aperta il modo in cui la Gerwig riesca a costruire il rapporto madre-figlia-padre, anche grazie a due interpreti meravigliosi come Laurie Metcalf e Tracy Letts) e la voglia di emanciparsi.