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La vita è una cosa meravigliosa
La vita è una cosa meravigliosa? Pure trascurando l'indegno parallelo con il Capra del '47, quella di Carlo ed Enrico Vanzina non pare così. L'epilogo è benaugurante - una passata di pomodoro in campagna, una missione in Africa e un neonato... - ma il tragitto, così accomodante, così compiacente, è percorso dagli ennesimi furbetti del quartierino, che appunto se la caveranno, nel peggiore dei casi, con una lavata di capo. Sostengono i Vanzina, siamo un popolo cialtrone e truffaldino, ma dal cuore buono: facciamocene una ragione e, se possibile, ridiamoci sopra, con una commedia corale e romana che corre - si fa per dire... - sul filo delle intercettazioni telefoniche.
Nel cast Gigi Proietti, Vincenzo Salemme, Enrico Brignano, Nancy Brilli e Luisa Ranieri, musiche di Armando Trovajoli, una Vita vissuta da un poliziotto (Brignano, bravo) intercettatore, un potente presidente di banca (Salemme, efficace pure lui) sotto osservazione, e un chirurgo (Proietti, a tratti superlativo) con figlio demente a carico e qualche onesta intenzione, per una tranche de vie all'amatriciana, scotta e con poco sugo. Quello della satira, che avrebbe chiesto di rincarare la dose, facendo nomi, mettendo nero su bianco colpe, sbattendo in prigione - al netto di ogni furore giacobino - e buttando via la chiave, pur nell'ovvia cornice della commedia all'italiana.
Invece no, se Christian De Sica usciva dal carcere del Figlio più piccolo di Avati per esaltare, al'opposto, le virtù taumaturgiche dell'ingenuità altrui e della deficienza tutta, qui lo sguardo è meno cojone, più collusivo e ugualmente strabico: non serve ingenuità (Avati), non serve complicità (gli indulgenti Vanzina) per sanare le nostre ferite. Quelle di un popolo, quelle di un cinema, che oggi, anche quando fa ridere, è sul banco degli imputati.