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Marion Cotillard
Piaf. Nell'argot (lo slang) parigino così definiscono il passerotto o l'usignolo. Fu il nome d'arte che Louis Leplée (bel cameo di Gerard Depardieu) scelse per Edith Giovanna Gassion quando la scritturò per l'etichetta Polydor. Per molti fu avvoltoio, per altri pulcino bagnato. Nativa della povera Belleville, padre saltimbanco, madre (livornese) cantante di strada, nonna maitresse. Una vita in salita, da subito. Bruttina, problematica, spesso sgradevole. Ma anche dolcissima, affascinante, musa generosa. Inno della rinascita del dopoguerra con La vie en rose, simbolo di resistenza con i concerti contro l'occupazione tedesca. Al talentuoso regista di film commerciali Olivier Dahan (I fiumi di porpora 2) il folle e ambizioso compito di raccontarne la vita. A Marion Cotillard, splendida ristoratrice in Un'ottima annata di Ridley Scott, quello di impersonarla, in una performance che la consegnerà alla storia del cinema. La postura ingobbita, gli occhi grandi e disperati, la modulazione della voce (sempre ruvida, incantevole nel canto quanto graffiante, quasi fastidiosa nel parlato) sono solo i tratti più evidenti di un'interpretazione straordinaria, perfetta. Passano in secondo piano alcune cadute di stile (e tensione) di regia e sceneggiatura e le forse troppe assenze (dove sono, per dire, Montand, Cocteau, Aznavour?). Impossibile forse raccontare, nonostante i 145 minuti, una vita così: tanti dolori e poche gioie, mai alcun rimpianto. "Non, rien de rien, non je ne regrette rien"…