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Allo scoccare della mezzanotte, una donna anziana, con un velo nero sul capo, attraversa gli oscuri corridoi di casa Winchester per andare a far visita ai suoi demoni. Sarah è rimasta vedova, si mostra poco in pubblico e il consiglio d’amministrazione della sua società, l’azienda di fucili più famosa d’America, pensa che lei abbia perso il senno. Si raccontano strane storie sulla casa e sulla sua padrona. In quel palazzo di più di cinquecento stanze, si anniderebbero i fantasmi di un tempo perduto. Sono uomini, donne e bambini massacrati dalla potenza di fuoco di un Winchester.
Helen Mirren presta il volto alla vedova, con un’interpretazione fatta di piccoli gesti e di sguardi consapevoli. Jason Clarke, nei panni dello psichiatra di turno, quasi sparisce davanti a lei. Il talento dell’attrice non si mette in discussione, come ci aveva insegnato The Queen, ma ciò che più sorprende è che a settantadue anni abbia ancora voglia di mettersi in gioco, di sperimentare nuovi generi. La vedova Winchester è il suo primo horror, ma purtroppo lei è l’unico buon motivo per pagare il prezzo del biglietto.
Il film non aggiunge nulla al genere e, se non fosse per la produzione hollywoodiana, si candiderebbe per essere uno dei tanti brividi da cassetta. Ancora una volta, l’orrore passa attraverso le porte che cigolano, i corridoi poco illuminati e i mostri che si nascondono sotto il letto. All’appello non può mancare anche la figura del bambino posseduto, un evergreen che strizza l’occhio al pubblico e non aggiunge nulla alla storia.
La critica a una società fondata sulle armi è appena accennata, e l’aura di mistero che avvolge Winchester House rischia di svanire già nella prima mezz’ora. Gli operai lavorano giorno e notte per ampliare la dimora, per continuare a costruire all’apparenza senza alcun progetto. Potrebbe essere la metafora di un mondo che non riesce a fermarsi, che fugge dal passato per divorare il presente, ma la macchina da presa indugia sull’artificio, sugli effetti speciali e sui visi sanguinolenti di chi in vita, ha ricevuto troppe pallottole e poco affetto.
I fratelli Spierig avevano convinto con Predestination, un film di grande impatto sulla circolarità del tempo, ma poi erano tornati alla tanto amata ultraviolenza con Saw Legacy. Il finale di Daybreakers – L’ultimo vampiro era un trionfo di arti mozzati e trovate di pessimo gusto, come anche l’invasione zombie – aliena di Undead. Qui Michael e Peter Spierig non riescono a replicare l’ottima regia di Predestination e si salvano in corner solo con una “spiritata” grande attrice.