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Logan Lucky
Steven Soderbergh è conforme ai ritratti che i suoi film disegnano: inafferrabile, contraddittorio, furfante, frivolo, urla a gran voce il suo stato d’autore ma riflette prima di tutto quello di produttore. Indie affollato di star, che ‘ruba’ alle major per dare ai poveri (non di spirito) e creare a piacere un blockbuster, Logan Lucky è azzardo puro, rischio (in)calcolato e scommessa commerciale affondata in West Virginia, lo stato dove Donald Trump ha raccolto una delle percentuali più alte.
Impiegando la memoria cinematografica come patrimonio vivo (capace di produrre ancora senso) di frammenti e di ricordi, di storie utili ma non necessarie, Soderbergh realizza un heist-movie esilarante capace di scardinare le regole esclusivamente verticali dell’industria cinematografica. E lo fa a partire dalla trama: i fratelli (e sorella) Logan progettano una rapina per svuotare le casse della National Association for Stock Car Auto Racing, serie motoristica e modello di business faraonici.
A stretto contatto con i paesaggi e le attività ricreative locali (corse NASCAR, fiere, concorsi mini-miss e canzoni di John Denver che in Virginia ci è passato il tempo di una ballata), i Logan soffrono tutti e due una disabilità dominata con virtuosità. Mossi da un dilatato bisogno di sopravvivere senza dannarsi troppo l’anima, reclutano un mucchio selvaggio, antieroi marginali che riescono a falsare e farsare ogni situazione, virando verso i luoghi delle gag anche i momenti più tesi.
Tra Channing Tatum, corpo erotico convertito in bravo ragazzo (Magic Mike) e Adam Driver, reclutato nella grande armata degli attori al servizio di avventure dallo charme tenace, si accomoda Daniel Craig, corpo iper-competente che la finzione mette alla prova. Pescato in un carcere dove i detenuti indossano tutti una divisa a strisce bianche e nere come nei vecchi fumetti, l’attore inglese prende la sua immagine in contropiede. Joe Bang, duro platinato che pratica la chimica e sa sempre come uscire da un vicolo cieco, potrebbe essere un rivale di Bond, eroe conservatore e maschio assoluto che Craig rovescia in bandito sbrecciato percorso dall’unico desiderio di intascare soldi facili.
Piccolo budget e cast da sogno, Logan Lucky strizza l’occhio agli ‘undici’ di Ocean, (ri)prendendosi il piacere di mostrare i trucchi che nasconde. In attesa di vedere se Soderbergh smetterà di fare film come dichiara a intervalli, registriamo la nuova pietra di un edificio filmico aperto e generoso, strumento di intrattenimento che non ha alcun scopo al di fuori della sua stessa intima essenza.