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La strategia degli affetti
Vi ricordate il Palla di lardo di Full Metal Jacket? Finiva col cervello spiaccicato sulle piastrelle del cesso, ma 23 anni dopo vive e lotta con noi. La reincarnazione, la versione 2.0, si chiama Davide Nebbia, l'epitome del bamboccione nell'opera seconda di Dodo Fiori, La strategia degli affetti. Mix sedato di autismo e rincoglionimento, il suo Matteo è impigliato nella rete affettiva alto-borghese: il padre di successo (Paolo Sassanelli) non lo può vedere e non lo vede, la madre lo soffoca da antologia, un compagno di scuola - sembrano la replica ritardata dei ragazzetti di Funny Games - ci prova, i cuginetti lo deridono, finché… non arriva Nina (Nina Torresi), figlia di un “amico” di papà incidentato. E' lei la molla che squassa il materasso su cui poltrisce Matteo: pur arrivando all'inedito faccia a faccia con i genitori, il risveglio non sarà dei migliori… Tesa a suffragare la solita inautenticità della vita borghese, che Fiori conosce bene, La strategia è decisamente perfettibile: se la sceneggiatura, a sei mani con Heidrun Schleef e Diego Ribon, può andare, finale escluso, recitazione e pose rasentano il fotoromanzo, schiudendo la bocca al sorriso involontario. Perché si cerca Buñuel, ma si trova la caciara.