Lo si potrebbe leggere come il trionfo della natura, la forza dei legami di sangue che salvano contro ogni evidenza, trovando clemenza nell’analogo selvaggio di un’ambiente soggiogato solo alle sue leggi. La storia di Patrice e Michel è di quelle per cui dici immediatamente: ci faranno un film. E difatti. 1948, Francia. Due fratellini di 5 e 7 anni, abbandonati al loro destino da una madre snaturata, trovano prima asilo da due benefattori in una casa dalle parti di La Rochelle. Poi, quando trovano lui impiccato, scappano nella foresta dove sopravvivranno per sette anni. È lì che la fratellanza si sublima in qualcosa di primitivo e di sacro, al punto che, a distanza di molti anni, quando i due uomini sono adulti, il richiamo della foresta è ancora così forte che il minore Michel (anche io narrante), architetto affermato, marito e padre, non esista a mollare il compleanno della figlia pur di catapultarsi alla ricerca del maggiore che di tanto in tanto fa perdere le tracce.

La storia di Patrice e Michel
La storia di Patrice e Michel

La storia di Patrice e Michel

È la storia di un amore radicale, di una simbiosi che rasenta l’ossessione, quella che il film di Olivier Casas racconta, in un andirivieni temporale, dal presente al passato, che è anche un andare a ritroso fino alle origini della dipendenza reciproca tra i due. Matthieu Kassovitz e Yvan Attal sono i due fratelli da adulti, garanzia del cinema francese di qualità, che è il loghino che immaginiamo di vedere in sovrimpressione per tutta la durata del film. Un professionismo col pilota automatico, che finisce però per soffocare ogni traccia di spontaneità, istintualità. Bel controsenso se parliamo di forze primordiali, terre selvagge e affettività freudiane. In compenso, non mancano musica e retorica, civilizzazione mainstream di una poetica degli effetti più che degli affetti. Del resto, l’emozione, cantava qualcuno, non ha voce. Qui invece tutto è detto, il sentimento proclamato, e il film, accontentandosi di aderire alla superficie della vicenda, reticente su misteri e oscuri sottesi. Spreca ovvero un bel po’ del suo potenziale, rimanendo non sul vago ma sul valido: se cerchi quell’intrattenimento non demenziale della domenica pomeriggio.