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La seconda vita
Ha cambiato nome e città per dimenticare un passato doloroso e oscuro: un reato compiuto poco più che adolescente. Lei ora si chiama Anna (Marianna Fontana) e nel piccolo paese di provincia dove si è trasferita ha trovato fortunatamente lavoro come archivista. A darglielo il direttore Marco (Lorenzo Gioielli), che dopo aver letto il suo cv privo di impiego per ben otto anni, ha intuito il peso del suo passato scomodo e le ha promesso di mantenere il suo segreto. Quale? La verità verrà fuori lentamente, tra flashback al mare e primi piani di Anna dentro una vasca da bagno strapiena d’acqua, tra una madre che non ha neanche la forza di incontrare e i colloqui con i mediatori penali.
Presentato al Bifest, e dal 4 aprile al cinema con Articolture e Lo Scrittoio, il terzo lungometraggio, La seconda vita, di Vito Palmieri affronta quasi come un thriller, ma al tempo stesso senza filtri e in modo diretto, il tema delle seconde possibilità. Perché se è vero che si può cambiare vita, è pur vero che “le cose passate (non) sono passate” come vorrebbe la protagonista e che tutto torna sempre inesorabilmente. Di fatto il giudizio degli altri, a differenza delle sentenze, sembra non finire mai. Forse l’unico che potrebbe “ripararla” è Antonio (Giovanni Anzaldo), un giovane fabbro che ha ora il compito di restaurare la campana di una chiesa piena di crepe. Quelle crepe, le stesse di Anna, per le quali serve tempo per saldare.
Forte della bella interpretazione della giovane Marianna Fontana, salita alla ribalta con Indivisibili (2016) di Edoardo De Angelis, e della conoscenza della materia trattata, ovvero il tema della giustizia riparativa e il reinserimento nella società dopo un lungo periodo di detenzione, da parte del regista (nel 2021 aveva già affrontato l’argomento con il doc Riparazioni e ha tenuto diversi corsi di cinema in alcuni istituti penitenziari italiani in particolare il progetto CinEvasioni alla Casa Circondariale di Bologna), il film riesce a catturare l’attenzione dello spettatore su La Seconda Vita (questo il titolo) di Anna. Ma anche su un altro tema importante: quello del perdono (per-dono). Perché solo attraverso il perdono e lo sguardo dell’altro si può riparare.