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La religiosa
Nonostante il volto luminoso di Pauline Etienne inviti a un minimo d'indulgenza, c'è poco da salvare ne La religiosa di Guillaume Nicloux, secondo adattamento per il cinema (dopo quello celebre di Rivette del 1966) del romanzo di Denis Diderot.
Bandiera dell'anticlericalismo radicale, il racconto delle disavventure conventuali di una ragazza di 17 anni, forzata dalla propria famiglia a intraprendere la vita monastica senza averne la vocazione e trascinata in una serie di umilianti prove di sopravvivenza da madri insensibili (Martina Gedeck), badesse sadiche (Louise Bourgoin) o latrici di pulsioni saffiche (Isabelle Huppert, imbalsamata nell'enorme tonaca e in raccapriccianti sorrisetti d'incoraggiamento), appare oggi sorpassato da una cultura avvezza agli scandali e capace di pensare la complessità più di quanto non lo fosse tre secoli fa.
Peccato, perché le questioni di gender e di potere latenti nel testo illuminista avrebbero potuto sollecitare una rivisitazione in chiave moderna. Prevale invece l'invettiva ideologica, nemica della discussione e sorella della pigrizia ideativa, di cui Nicloux fa sfoggio anche in ambito estetico, dove una regia scolastica al servizio di una messa in scena surgelata produce soprattutto noia.