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La prima pietra
“Chi è senza peccato, scagli la prima pietra”. Il titolo della commedia corale di Rolando Ravello fa indubbiamente riferimento alla famosa frase di Gesù presente nel Vangelo secondo Giovanni e ci ricorda che prima di giudicare severamente qualcuno sarebbe bene farsi un esame di coscienza. Proprio quello che non faranno i personaggi principali di questo film che si svolge all’interno di una scuola elementare romana poco prima delle vacanze natalizie con tutti i bambini alle prese con la preparazione della recita.
Un giorno un alunno musulmano lancia una pietra e ferisce lievemente il bidello. L’accaduto darà vita ad un dibattito “interreligioso” pieno di colpi di scena che vedrà protagonisti il preside cattolico (Corrado Guzzanti), la maestra che crede nella reincarnazione degli animali (Lucia Mascino), il bidello e sua moglie ebrei (Valerio Aprea e Iaia Forte) e la mamma del bambino (Kasia Smutniak) insieme a sua suocera (Serra Yilmaz), entrambe musulmane. Non basta togliere il presepe e il crocifisso dalle aule, fare una recita laica che comincia con un racconto musulmano e termina con delle poesie induiste mettendo in mezzo anche il buddhismo, né dare il ruolo più importante, quello di Sant’Agostino, al bimbo musulmano relegando il bambino cattolico alla misera parte del bue: tra le varie religioni è guerra. E a poco serve la politica finta inclusiva del preside, uno straordinario Corrado Guzzanti esilarante nella scena in cui fa il verso del bue, perché comunque l’intolleranza regna sovrana.
Pur non volendo scagliare pietre: questo Carnage versione religiosa non regge. Certo, l’attore romano Ravello (alla sua terza regia dopo Tutti contro tutti e Ti ricordi di me) non è il grande Roman Polanski. Ma il problema qui è proprio il testo, tratto da una pièce teatrale di Stefano Massini, poi adattata cinematograficamente dallo stesso Ravello insieme a Stefano Di Santi, che lascia parecchio a desiderare.
Troppo rigide e intransigenti le due musulmane tanto che è impossibile immedesimarsi nei loro panni, le scene davvero divertenti sono poche (su tutte risaltano quelle con Guzzanti e Aprea) e spesso un tema serio e importante come quello dell’odio e della violenza verso il diverso è affrontato in modo superficiale.
Si è lontani dal tipo di analisi e profondità de L’insulto, il film del libanese Ziad Doueri che vedeva protagonisti un libanese cristiano e un rifugiato palestinese il cui semplice litigio privato diventava un regolamento di conti tra culture e religioni diverse. Eppure la tematica è la stessa. Certo, quello era un dramma, questa è una commedia.
Ma lì si entrava perfettamente in empatia con le ragioni dei due personaggi principali, qui questo non accade. Forse perché tutto alla fine della fiera ruota semplicemente intorno al dio denaro, che in questo caso sembra essere l’idolo per eccellenza. Fortunatamente non mancano attimi più profondi e per certi versi il finale così amaro e dissacrante della recita incanta. Purtroppo però durano poco e subito dopo le pietre si scagliano: evitando solo il bue, Guzzanti e Aprea.