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La petite © 2023 - LES FILMS DU KIOSQUE
Il pianoforte di Ludovico Einaudi, la fotografia di Yves Cape (sodale di Cédric Kahn, Michel Franco, già autore delle luci anche per il nostro Gianni Amelio, Il primo uomo), la sagoma sempre riconoscibile – anche sotto una barba incolta – di un grande Fabrice Luchini: Guillaume Nicloux traduce per lo schermo il romanzo Le berceau di Fanny Chesnel e scopre il gusto di una narrazione lineare e “semplice”, allontanandosi dai suoi canoni abituali (si pensi al fascinoso e suggestivo Valley of Love) per affrontare con estremo garbo e senza la volontà di prendere una posizione netta il delicato tema della maternità surrogata.
Luchini (attore che a detta dello stesso Nicloux “compensa il lato apatico e indifeso con l’energia della disperazione”) interpreta Joseph, un anziano ebanista francese ormai vedovo che viene raggiunto da una telefonata tanto inaspettata quanto tragica: suo figlio Emanuel e il compagno di lui Joachim sono morti in un incidente aereo. La coppia aspettava un bambino tramite una madre surrogata, che vive in Belgio, paese dove la GPA (Gestazione per Altri) è eticamente accettata ma senza nessun quadro giuridico.
Joseph, che negli ultimi tempi aveva interrotto i rapporti con il figlio, è deciso ad incontrare questa donna per capire cosa ne sarà del futuro del bambino. Mosso dalla promessa di questa nascita che in qualche modo prolungherà l’esistenza di suo figlio, Joseph intraprende il viaggio verso Gent dopo essere riuscito a risalire all’identità della donna attraverso metodi non proprio ortodossi…
Umanista per scelta e per cifra, il film si instrada sui sentieri dell’elaborazione del lutto e accompagna l’improvvisa quanto inaspettata voglia di agire per rintracciare le possibilità di una rinascita: La petite (dal 18 gennaio in sala con Movies Inspired) tiene sullo sfondo la complessità di un argomento quanto mai controverso (non mancano i punti di vista sulla questione “utero in affitto” dei vari personaggi, dalla figlia di Joseph, Aude, ai genitori del compagno) ed è – paradossalmente – tanto la sua forza quanto il suo punto debole.
Ma, come detto, a prevalere è la volontà di un approccio che tenga bene in risalto l’umano, la possibilità di un incontro apparentemente impossibile (quello tra l’anziano Joseph e la giovane, combattiva Rita, una convincente Mara Taquin), a prescindere dalle convinzioni e dalle posizioni politiche o ideologiche, proprio perché volenti o nolenti ormai “quel bambino c’è”. Che poi in realtà – come da titolo – è una bambina: quale sarà il suo destino?