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La Passione
Sotto una pioggia battente, in croce è salito un altro "povero Cristo". Non risponde all'iconografia tradizionale, prima di tutto per i numerosi chili che ha addosso. Sta recitando, suo malgrado. E' un ex-carcerato che ha un cuore grande come quello di Gesù. La gente, che prima assisteva muta e composta e partecipe, alle prime gocce si spaventa, urla e, nel parapiglia, se ne va. Abbandona la scena. Dimentica presto. Soltanto un'emozione, di superficie. Dentro, rimane il nulla. E' la solita storia: chi è inchiodato, non può scappare. E chi è libero, fa una scelta. Solitamente è la più comoda e conveniente.
Ma Silvio Orlando, nella parte, perfetta per lui che è un grande attore "semicomico", di un regista in perenne crisi e che a prestare l'arte sua per quella sacra rappresentazione nel paesello toscano ci è stato costretto, no, lui non se ne va, con pochi altri. Guarda il crocefisso, guarda fisso negli occhi Giuseppe Battiston. Qualcosa succederà. Non ha intenti morali, ideologici e men che meno soltanto squisitamente religiosi, questo dialogo proficuo tra i due, con il cambiamento che avviene dentro. E' una rappresentazione dell'uomo davanti a se stesso, alle sue debolezze, alle sue cattiverie, alle soglie del mistero.
Dunque, è un film particolare, La Passione. In fondo, ha anche del coraggioso: osa trattare un tema così importante e delicato e serio - la tragedia di un Dio deriso e inchiodato sul legno - attraverso una finzione che guarda più alla commedia che al dramma. La anomalia sta tutta nel racconto e nella sua scrittura: quel regista pasticcione e in perenne fuga, dopo aver combinato un guaio e rovinato un affresco prezioso di quella piccola contrada dove è proprietario, per soli fini di lucro, d'un appartamento, si trova messo dinanzi a una scelta: o ripristinare la tradizione della sacra rappresentazione o venir denunciato. Sceglie la prima opzione e lentamente coinvolge tutto il paese e i suoi estroversi abitanti nella recita, ma soprattutto si fa coinvolgere. Tra i primi accorrono la “sindachessa” Stefania Sandrelli, la barista Kasia Smutniak, l'ostessa Maria Paiato e un metereologo da strapazzo, Corrado Guzzanti, che tenta l'impresa di recitare Gesù. Quella sacra rappresentazione diventa pian piano una cosa seria per tutti. Nel rappresentarla, si inizia a fare i conti con se stessi. Gli esiti, possono essere diversi, imprevedibili.
Per questo è un film a suo modo sapiente, La Passione, un film delicato che nella sua apparente semplicità si fa vicino alla gente e alla vita di tutti i giorni, a persone che sono esposte più di altre alle difficoltà quotidiane ma che, nel partecipare a quella sacra tradizione di teatro popolare, ritrovano un ruolo, uno scopo, un rapporto, un futuro. E' la ricerca di molti. Mazzacurati indica, molto sinceramente e attraverso il cinema, una via.