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John Henshaw e Paul Brannigan in The Angels' Share
E' l'ultima chance per Robbie (Paul Brannigan), ragazzo di Glasgow colpevole dell'ennesimo reato violento, condannato "solamente" a svolgere 300 ore di lavori socialmente utili perché in procinto di diventare padre. Leonie, la compagna, ancora crede in lui, di sicuro l'unica in un contesto (vedi i familiari della ragazza) che ormai l'ha rigettato. Basterà tenere in braccio per la prima volta il piccolo Luke, però, per convincere seriamente Robbie che l'ora della svolta è arrivata.
Messa da parte la rabbia che ha contraddistinto il loro ultimo lavoro (L'altra verità), Ken Loach e il sodale Paul Laverty (sceneggiatore) tornano con una commedia travolgente, alcolica e dalla trivialità liberatoria: The Angels' Share - bellissimo titolo che indica quel 2% di "spirito" che si disperde nell'atmosfera ogniqualvolta viene aperta una cassa di whisky invecchiato - riporta il cineasta britannico a confrontarsi con le contraddizioni di un microcosmo che sembra conoscere alla perfezione. Stavolta, Loach tiene il dramma a distanza - il burrascoso passato del protagonista sembra appartenere ad un film preesistente, in realtà mai girato - e si concentra sulla vitalità di un percorso che, a tutti gli effetti, prende strada facendo i connotati del romanzo di formazione. Di (tras)formazione sarebbe meglio dire: Robbie è un poco di buono in superficie, ma dentro di sé nasconde un talento fuori dal comune. Che saprà sfruttare a suo vantaggio, imbeccato dalla sana, straordinaria "condivisione" del bonario Harry (John Henshaw, il Bombolo di Manchester, già diretto da Loach ne Il mio amico Eric), l'uomo chiamato a sorvegliare Robbie e gli altri ragazzi durante le ore di servizio. Generoso e consapevole delle traversie che contraddistinguono le loro esistenze, li "inizierà" ai piaceri del whisky: passione che li condurrà, tutti insieme, prima ad un meeting di degustazione ad Edimburgo, poi, all'oscuro del loro mentore, alla distilleria del Dornoch Firth. Dove, a breve, avrà luogo un'asta per assicurarsi il finora sconosciuto e preziosissimo whisky più importante del mondo...
Ed è proprio nella forza del gruppo, nell'assoluta compensazione tra l'astuzia di Robbie e la contagiosa deficienza di Albert (Gary Maitland), sommata ad alcune trovate improvvise, all'energia dei dialoghi e alla capacità di raccontare un mondo anche solo attraverso un atteggiamento, che il film di Ken Loach trova il giusto equilibrio tra risate e ottimi sentimenti. Quando la trivialità diventa poesia. Premio della Giuria al Festival di Cannes.