Avere una buona idea ma non sapere che farsene può rivelarsi, oltreché inutile, persino controproducente.
Prendiamo La notte del giudizio: non avesse avuto uno spunto interessante e la possibilità di farne il cavallo di Troia per aggredire paradigmi socio-culturali, sarebbe stato archiviato come l'ennesimo thriller urbano, né migliore né peggiore di altri. Ma l'inconveniente delle buone idee è che imprigionano alle relative ambizioni. Così è il film scritto e diretto da James DeMonaco, molto promettente all'inizio e oltremodo deludente alla fine.
Nonostante sia l'anno 2022, lo scenario non ha nulla di avveniristico ed echeggia piuttosto il realismo distopico alla Ballard. Una serie di iniziali didascalie c'informa tuttavia che il mondo è cambiato, l'America è cambiata, nuovi Padri Fondatori hanno preso il potere e portato in poco tempo la nazione ad azzerare (come a suo tempo il Terzo Reich: sic!) disoccupazione e criminalità. La panacea di tutti i mali è la "Purga" (da qui il titolo originale The Purge, che nulla ha a che fare, evidentemente, con l'universo dei lassativi), ovvero il si-salvi-chi-può decretato per legge, l'anomia per delibera: per "purgare" gli istinti bellicosi degli americani viene concesso loro durante l'anno un giorno (12 ore in effetti) di ordinaria follia, dove ciascuno può dar sfogo alle proprie pulsioni violente come meglio crede e senza incorrere in sanzioni. Dalle sette di sera alle sette di mattina, via libera a pestaggi, torture e omicidi secondo modalità ritenute più opportune. Ovvio che a farne le spese è chi non può permettersi armi e altre forme di tutela personali, il che spiega perchè la moria dei poveri non sia solo la metafora di un'economia in salute.
In una cornice così scellerata, appare illuminante la parabola vissuta da una famiglia danarosamente perbene. Durante la famigerata notte, una gang di giovani della upper-class, biondi, inferociti e mascherati, molto Hitlerjugend, la prende di mira pretendendo la restituzione di un povero nero riuscito a intrufolarsi nella loro casa. La cosa buffa è che vi riusciranno nonostante i costosissimi sistemi di sicurezza fatti istallare dal capofamiglia per difendere moglie, prole e dimora. Ironia della sorte, sono gli stessi sistemi di difesa che l'uomo vende da anni e che gli hanno assicurato fortune economiche e le peggiori maledizioni del vicinato. Non sveliamo altro per non rovinarvi la sorpresa, pure se lo script di DeMonaco lesina molto a riguardo. Ma i veri limiti della sceneggiatura sono nelle sue implicazioni da fanta-libercolo protomarxista, roba da mercatino fricchettone per fanatici Urania. Qui tutto si tiene e nulla si giustifica: politiche orwelliane, violenza, razzismo, fanatismo esoterico e oscuri ponti di comando. Perdonabile, se il film non fosse anche semplicistico e manicheo, incapace di dar fondo alle questioni sociali, politiche ed etiche che l'idea di partenza solletica.
La notte del giudizio affonda invece in un pessimismo d'accatto, di cui non riesce a dire altro se non lo sberleffo facile facile. Una notte che resta ostinatamente chiusa in troppi postulati e tra le quattro pareti di casa, dentro i confini di un horror domestico alla The Strangers, cui ruba anche l'idea dei killer mascherati. La differenza però è che se nel film di Bryan Bertino l'aggressione rimaneva senza una spiegazione razionale e risultava perciò tanto più perturbante, qui è il frutto di un disegno preciso e - per quanto sconsiderato - incontrovertibile. Obbedisce cioè a uno schema da cui non si sfugge: se non nella realtà, che è altra cosa e più complessa, almeno nella sceneggiatura a tesi di DeMonaco.
Impossibile provare empatia con la vicenda o con i suoi protagonisti, pure con gli sforzi proferiti da Ethan Hawke e la faccia inquietantemente ariana di Rhys Wakefield (leader della banda omicida). Annacquata la suspense, nonostante sporadici sussulti, pochi momenti di tensione e una confezione tutto sommato rifinita ad arte (morbido il digitale di Jacques Jouffret, ben orchestrato il montaggio di Peter Gvozdas, d'impatto il sound design di Sebastian Sheehan Visconti).
Insomma, state tranquilli: questa notte, dove tutte le vacche sono "nere", non sarà tra quelle che passerete in bianco. Ma se è politico il giudizio che essa reclama, non affannatevi: astensione è il voto che merita.