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La mia ombra è la tua - A.Manuelli, M.Giallini, G.Maggio, I.Ferrari - Foto di Claudio Iannone
L’ombra è quella che protegge dal sole. È quello che impareranno a fare il giovane Emiliano De Vito (Giuseppe Maggio) e il più attempato Vittorio Vezzosi (Marco Giallini) trovando rifugio l’uno nell’altro, o meglio scambiandosi le ombre, in questo viaggio on the road alla volta di Milano e precisamente di una fiera-mercato anni ottanta e novanta (parecchio vintage). Non è un caso quindi se il nuovo film di Eugenio Cappuccio, presentato al Festival di Taormina 2022, si intitoli proprio La mia ombra è tua.
Tratto dall’omonimo romanzo di Edoardo Nesi, prodotto da Fandango con Rai Cinema, e interpretato anche da Isabella Ferrari, questa commedia dolce e amara mette insieme tanti temi, uno su tutti: il divario generazionale.
Protagonisti sono infatti il “vecchio giovane” Giallini, qui nei panni di Vittorio Vezzosi, un burbero, ma sentimentale scrittore sessantenne che da anni conduce una vita da eremita in seguito alla pubblicazione del suo unico libro, un successo planetario indelebile nella memoria di tutti.
E il “giovane vecchio”, da sempre rintanato nel suo bozzolo, Emiliano De Vito (Giuseppe Maggio) qui nel ruolo di un nerd laureato con il massimo dei voti in lettere antiche e senza un lavoro. Una casa editrice gli affiderà il compito di assistere lo scrittore e di convincerlo a scrivere un sequel del suo libro. Ognuno però è preda delle proprie paure: il primo non riesce ad affrontare il suo unico e antico amore, Milena (Isabella Ferrari), e il secondo non riesce a superare la perdita di suo padre.
Un po’ come ne Il Sorpasso, con i mitici Vittorio Gassman (tra l’altro la 68esima edizione del Festival di Taormina celebra il centenario della sua nascita) e Jean-Louis Trintignant, anche la coppia Giallini-Maggio evidenzia l’incontro/scontro tra due generazioni e due diversi modi di vedere la vita.
Le difficoltà di entrambi sono tante e sulla jeep senza tetto, né sportelli, né parabrezza, emergono ben presto. E si parla anche di blocchi sessuali maschili (scelta assai coraggiosa per un film).
Una cosa però è certa: dallo scambio generazionale escono migliori anche gli antieroi. Basta guardare sempre avanti, al futuro, e non al passato rischiando di perdersi nel pericoloso potere della nostalgia perché: “il tempo non va sprecato mai”.