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Roy Winstone è Beowulf
"Gli eroi non hanno buon odore", recita l'epitaffio che Flaubert dedica all'Epica. "Al cinema", la nostra postilla. Allergia conclamata: da Troy ad Alexander passando per Il tredicesimo guerriero, numerosi e fallimentari i tentativi di riportare sul grande schermo narrazioni e leggende della mitopoiesi occidentale. Una storia ingloriosa che il Beowulf di Zemeckis, ahinoi, non riscatta. L'epopea dell'eroe che uccide orchi, streghe e draghi facendo suo il regno di Danimarca val bene una disquisizione accademica sulle radici della cultura anglosassone, sarà magari utile a un'analisi comparativa con i capolavori omerici di tradizione greca, ma in sala proprio non funziona, con l'attenuante che in Italia si vede la versione in 2D. Parte dei demeriti vanno ascritti comunque a Zemeckis, da un pò di tempo a questa parte troppo ossessionato da uno spettacolo alla von Kleist, fatto di marionette insensibili alle leggi di gravità e pionierismi tecnologici dal dubbio avvenire. Il resto, cioè il cinema, relegato a minutaglia senza importanza. Così: personaggi fatti con lo stampino che non sembrano umani manco a vederli (la performance capture è ancora lontana dal fotorealismo); un cast - da Anthony Hopkins a John Malkovich, da Angelina Jolie a Robin Wright Penn - il cui spreco grida vendetta; reminiscenze freudiane (figli che invidiano i padri), complessi di Saturno (padri che ammazzano i figli) e sottotesti politici (l'eroe ha la fedina penale sporca) che vorrebbero attualizzare la materia finendo invece per ingarbugliarla; goliardie e dialoghi a sfiorare il ridicolo involontario. Paradossale poi che un film con velleità di puro intrattenimento inchiodi il suo dinamismo a una drammaturgia di piombo (con sceneggiatura a firma dei non certo sprovveduti Neil Gaiman e Roger Avary). Col beneficio del dubbio: epica senza respiro o cinema dal fiato corto?