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La gang
del bosco
Animali irrispettosi e aggressivi che inquinano, deturpano e colonizzano senza la minima considerazione. Così vede gli esseri umani la gang del bosco, la colorata combriccola di procioni, tartarughe e orsetti lavatori che dà il titolo all'ultima animazione DreamWorks. Amara la sorpresa che trovano al risveglio dal letargo invernale: appena pochi mesi e il verde ha ceduto il posto al cemento, il supermercato naturale di un tempo a una distesa di villette a schiera. La premessa è quasi dirompente: adottare la prospettiva degli animali, per mostrare all'uomo che brutto animale è. Peccato che tutto si risolva in poco più di venti minuti. Tanto basta agli sceneggiatori per rimettersi in riga: smussati gli angoli, denuncia e spunti di riflessione si immolano sull'altare del politicamente corretto. Le premesse si perdono in pretesti, la storia nell'ennesima, rocambolesca avventura, che pesca a piene mani dall'immaginario animale. Sembra un secolo fa quando l'animazione ancora riusciva a graffiare o semplicemente a sollevare interrogativi (ricordate Monsters & Co.?). Come ammettono gli stessi insider, la parola d'ordine, alla DreamWorks, è oggi compromesso. Una soluzione che al botteghino paga (vedi il caso Madagascar), ma che nel lungo periodo potrebbe rivelarsi un boomerang. Continueranno a bastare piroette e iperrealismo tecnologico per portare gli adulti in sala?