PHOTO
La erección de Toribio Bardelli
È già tutto nel titolo, La erección de Toribio Bardelli, e nell’immagine che apre il film: un vecchio, il protagonista del racconto, impegnato con una prostituta che non riesce ad aiutarlo nell’impresa evocata dal titolo. Nonostante i frequenti incontri mercenari, il signore non si dà più pace, nemmeno i farmaci sembrano avere alcun effetto. Forse il problema è più profondo, c’entrano la recente vedovanza e il ricordo di un vecchio amore intrappolato in una fotografia in bianco e nero.
E i figli? Il maschio alza troppo il gomito per dimenticare l’angoscia, la maggiore “comunica” con la madre tramite un registratore e interroga le proprie ambizioni, la minore non vedente deve fare i conti con un’altra separazione. Siamo a Lima, tra stanze immerse in un torbido rosso e case con arredi fermi nel tempo, commissariati che sembrano purgatori e chiese visitate solo per occasioni speciali (“non si può morire di mercoledì?”).
È una parabola grottesca, l’opera terza del trentaquattrenne Adrián Saba, tra i nomi di punti del nuovo cinema peruviano (tant’è che La erección, in Concorso Progressive Cinema alla XVIII Festa di Roma, è il designato nazionale per l’Oscar al film straniero), che cerca la quadra nella rapidità (poco più di 80 minuti), nella coralità (parte come un focus su un individuo e si rivela su un gruppo), nella bizzarria (fino al cattivo gusto pur temperato). Anatomia di uno squallore familiare, si sviluppa attorno alla figura di un anziano bisbetico e contraddittorio, scemo in quanto disperato, infantile perché consapevole della fine, ma non sa calibrare bene l’affresco collettivo, riducendo i figli e le loro questioni di vita o di morte a bozzetti qua e là senza respiro.
I problemi risiedono in sede di scrittura, incisiva quando si tratta di affrontare il povero e ridicolo Toribio e affrettata per tutto il resto, quasi fossero tutti estrapolati da cortometraggi che accidentalmente incrociano il grande romanzo triste, solitario y final del vecchio libidinoso e romantico. Certo, la parte finale regala almeno due immagini potenti e speculari, una chiusura (di un’epoca, di una vita) e una liberazione, ma è una stranezza tanto curiosa quanto superficiale.