Come il Principe Schiaccianoci prende per mano Maria e la porta nel suo mondo incantato, così Frederick Wiseman, noto e bravissimo documentarista americano, ci apre le porte, tutte le porte, dell'Opéra di Parigi per farci condividere il vissuto umano e artistico del suo famosissimo e applaudito Corpo di Ballo. Questo non è un film per i soli appassionati dell'arte coreutica: è un film sul corpo e sulla volontà, sul sacrificio e sulla bellezza, sulla vita artistica e la struttura organizzativa di uno dei più importanti teatri del mondo, un film che è lieve come una pirouette, generoso e forte come un piqué, aereo come un tour en l'air. Dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina un teatro vive e con lui la sua città: dalla portineria alle soffitte, è un brulicare di personaggi, ciascuno con le proprie mansioni. Ma i ballerini e le ballerine non possono mai esimersi da regole ferree che determinano la gestione del loro tempo, del loro corpo, di tutta la loro vita, senza ammettere mai eccezione alcuna. Wiseman ci descrive le regole, lo spazio e il tempo di questo Corpo formato da decine di corpi bellissimi, e la sua è una presenza mai invasiva, discreta e quasi pudica: la mensa e la dieta consentita, gli uffici e i rapporti con la direzione artistica, con Brigitte Lèfevre che ascolta e elargisce consigli, le discussioni sulla programmazione e il rapporto con i benefattori, oggi più che mai necessari. Poi le classi, rigorose e faticose, dove ci si allena per una olimpiade artistica che non ha mai fine. Il trucco e la prova costumi, prima tinti, tagliati con cura, tutù incastonati di pietre, un vero laboratorio della bellezza. E preziose sono le immagini del rapporto con gli insegnanti, con Patrice Bart e gli altri maîtres de ballet (le tue mani sembrano due cucchiai, l'uscita è troppo pesante, c'è un passo su ogni nota, ascolta, ecco il giusto sentimento, non avere paura, segui la musica, mi raccomando il tempo, il tempo) e c'è da rimanere ammirati per l'impegno e l'amore che spingono un gruppo di giovani a sacrificare tutto per la danza. Et un, et deux, et trois … il ritmo regola un valzer, un assolo, una variazione. Prima, tutta la fragilità umana: chi ha paura, chi è stanco, emozionati dietro il palcoscenico mentre si scaldano i muscoli. Poi tutto si trasforma in arte pura, nello spettacolo senza parole, con le gambe e i piedi e le braccia e le mani che si librano nell'aria, in un vorticare nel quale nessun gesto è lasciato al caso. Alcune danze sono strepitosamente belle: Lo Schiaccianoci con la coreografia di Nureyev, Paquita nella ricostruzione coreografica di Lacotte; altre di cruda violenza, come La Casa di Bernarda Alba di Mats Ek e Le songe de Médée di Preljocaj. Riassume questo viaggio magnifico la definizione che Bejart diede del ballerino e che La Danse conferma in ogni istante sullo schermo: "Deve essere metà suora e metà pugile". Suora per la dedizione assoluta all'impegno preso, pugile per la forza che il corpo deve possedere e sprigionare. Tutto per il nostro stupore.