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La conquete
“Sapete, Dominique, dove me la metto la vostra amicizia?”. Siamo a pranzo, quello di lavoro e indigesto di due politici: Nicolas Sarkozy e Dominique de Villepin. E ad apparecchiare la tavola è La conquete, il biopic dedicato all'attuale Monsieur le President dal connazionale Xavier Durringer. Selezionato a Cannes fuori concorso, inquadra la presa del potere del “nano” (definizione di Villepin) per focalizzare le dinamiche darwiniane dell'agone politico: non solo francese, ma globale. Con le debite differenze (anche di valore, a nostro favore), il terreno è lo stesso del Caimano e del Divo, e Durringer non dissente, entrando nello specifico: “Ho l'impressione che Sarkò e Berlusconi condividano l'essere star”.
Da ieri nelle sale francesi, segue l'ascesa di questo “gesticolatore precoce” (definizione di Jacques Chirac) fino all'Eliseo nel 2007. Ma non sono solo allori: Sarkò la pagherà cara, perdendo la moglie che rifiuta la trasformazione della vita coniugale in reality pubblico. E Il presidente e marito ne soffre, rabbiosamente e sinceramente: nel mare magnum di cinismo, assenza di valori e spregiudicatezza, una umana parentesi, che finisce per salvarlo o, almeno, differenziarlo sensibilmente da Chirac e de Villepin, due squali volgari e senza cuore che Sarkò pure batterà.
A interpretare il terzetto tre eccellenti sosia, Denis Podalydes (Sarkozy), Bernard Le Coq (Chirac) e Samuel Labarthe (Villepin), che regalano visioni dal buco della serratura gustose quanto triviali: la politica è nuda, la stanza del potere violata. Con quale formula? “Gran parte delle scene è inventata così come i dialoghi, ma la finzione è un modo di dire la verità usando il falso”, dice lo sceneggiatore Patrick Roman. Il focus – per citare il biopic di Richard Loncraine su Bush e Blair- è sulla speciale relazione tra il Sarkozy di pubblico successo e quello di privata sofferenza. La stessa persona, appunto, ma qui sta il titolo da affiancare a La conquete: la debacle, con Cecilia che fa i bagagli. Al netto del cerone dei protagonisti – davvero da museo delle cere – e della sostanziale indulgenza per Sarkozy, un film appassionante, godibile nelle bettute triviali e le schermaglie statali, che se nulla aggiunge – almeno per i francesi – su Monsieur le President mette qualche formidabile nota al piè di pagina di ogni agenda politica. Quella politica che, dice il Sarkò di Polydales, è “un lavoro stupido fatto da persone intelligenti”. C'è da credergli?