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Luca Argentero ne La coda del diavolo. Ph credit Francesca Ardau
Quando pensiamo alla Sardegna ci vengono subito in mente spiagge luminose, mare verde smeraldo e la bontà del miele che si sposa con il formaggio in un dolce tipico dell’isola, la seada. Immagini da cartolina, probabilmente stereotipate. All’opera seconda dopo l’esordio Il legame (2020), Domenico de Feudis, che si è fatto le ossa sul set di La grande bellezza di Paolo Sorrentino, ribalta completamente questo immaginario, buttandoci in mezzo a una Sardegna livida, fredda, quasi funebre, in La coda del diavolo.
Adattamento dell’omonimo romanzo di Maurizio Maggi, il film, che arriva su Sky Cinema e in streaming su NOW il 25 novembre, punta tutto sulla fisicità del suo protagonista: Luca Argentero. Contattato quando ancora non si era entrati in produzione, l’attore è sempre stato la prima scelta per il ruolo di Sante Moras, guardia carceraria con una colpa da espiare e che si auto punisce facendo una vita durissima.
Quando la polizia cattura un mostro che ha torturato e ucciso una ragazza giovanissima, un avvocato arriva con quella che potremmo definire una “proposta indecente”: se ucciderà questa figura scomoda, legata a persone potenti, riceverà molti soldi. Non c’è però nemmeno il tempo di pensare che Moras diventa subito un uomo in fuga: chi ha voluto incastrarlo?
Alla ricerca della verità
I punti di forza di La coda del diavolo sono sicuramente l’uso inedito del territorio sardo, come dicevamo, e la prova di Luca Argentero, sempre più convincente e credibile nei ruoli fisici. La fuga è infatti il grande motore di un film di genere che fa del movimento la propria cifra stilistica: de Feudis è efficace nel rendere il senso di mancanza d’aria e spazio del protagonista, facendo sentire braccati anche noi.
A fare da contraltare al protagonista c’è poi il personaggio della sempre brava Cristiana dell’Anna, che interpreta la giornalista Fabiana Lai, l’unica che sembra credere a Moras e decide di aiutarlo a scoprire la verità. Il suo è un personaggio decisivo e molto interessante: per lei la ricerca dei fatti è più che un lavoro, è una missione. Al punto da arrivare anche lei a rischiare molto. In un’epoca in cui le fake news regnano sovrane e contraffare immagini e documenti è sempre più facile, chi si ostina a voler smascherare le menzogne diventa quasi un eroe - in questo caso un’eroina - romantico.
Un buon film di genere
Dopo aver esplorato il thriller (e l’horror) con Il Legame, Domenico de Feudis cambia quindi genere e si lancia nell’azione. Gli inseguimenti e le scene di lotta sono ben costruiti, anche se qualcosa dell’horror c’è sempre: i boschi e i paesaggi rocciosi sembrano infatti venire proprio da incubi che ricordano alcuni film di Riccardo Freda e Lucio Fulci.
La differenza con il cinema americano qui sta, ancora una volta, nel protagonista: al contrario di personaggi come il Bryan Mills interpretato da Liam Neeson in Io vi troverò, o il John Wick di Keanu Reeves, Moras è un uomo disperato, sfiancato, che non sappiamo se continuerà a combattere per la propria sopravvivenza perché lui stesso forse non ha più la spinta di vivere. Insomma: ci troviamo di fronte a un antieroe complesso, non il classico eroe senza dubbi.
Ed è bello vedere come la nuova generazione di registi italiani si arricchisca sempre più di autori desiderosi di tornare a esplorare il genere, magari puntando anche a un mercato estero e, chi lo sa, a proiettarsi verso una saga. Argentero ha già detto che ne sarebbe entusiasta. Come dargli torto?