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Veronika è una giovane violoncellista che vive in un paesino della Bosnia sul quale sembra regnare una quiete amena e imperturbabile. Lo spettro della guerra del ’92, tuttavia, aleggia dietro il precario paravento di normalità eretto dai cittadini per proteggersi dal ricordo delle violenze subite. Questo fragile equilibrio è destinato a infrangersi grazie all’attività di un’associazione umanitaria, impegnata nel porre le giovani generazioni a confronto con la realtà degli stupri etnici e delle altre atrocità perpetrate durante il conflitto. La stessa Veronika sarà presto chiamata a fare i conti con i segreti che il suo passato e la sua famiglia nascondono da lunghi anni.
Il tema è scottante, come si vede, e si lega a doppio filo con l’indagine a più ampio raggio sulla violenza contro le donne, ma la messa in scena all’acqua di rose e la sceneggiatura traballante non aiutano a far approdare a risultati convincenti l’esordio nel lungometraggio di Giovanni Virgilio. Incomprensibile e spesso fastidiosa, soprattutto, la scelta di impostare buona parte del film come una sorta di pellicola adolescenziale già di per sé poco credibile e interpretata da un cast inadeguato. Buone le intenzioni, sacrosanta la riflessione sul concetto di bugia come negazione del male, ma l’opera filmica stenta a decollare.