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Kotoko
Due anni dopo la chiusura della parabola di Tetsuo (il suo Bullet Man era in concorso), l'habitué della Mostra Shinya Tsukamoto torna al Lido - in Orizzonti - con Kotoko, storia di una giovane donna ossessionata da una sorta di "sdoppiamento visivo" (vede la stessa persona nella duplice veste buona/cattiva), madre da poco tempo, autolesionista e sospettata di maltrattamenti nei confronti del figlio. Che verrà affidato alla sorella: ma quando Kotoko (interpretata da Cocco, celebre cantautrice giapponese), anche grazie ad una nuova relazione (con Tsukamoto), sembra guarita (ogni volta che canta allontana il problema...), il bambino tornerà da lei. E le cose peggioreranno...
Scritto, diretto, fotografato e montato da Tsukamoto - come sempre demiurgo totale dell'intera opera - Kotoko dà il meglio di sé nei consueti inserti "techno schizofrenici" che da anni caratterizzano la cinematografia del regista nipponico: il vertice, in tal senso, si raggiunge verso il finale, nello sdoppiamento tra realtà e immaginazione che porta la donna a vedere la testa del bimbo spappolata da un colpo di fucile. Per il resto, però, il film soffre alcune cadute di ritmo, concede troppo alla "poesia" e al canto, si sfilaccia insieme all'esistenza della sua protagonista, che taglia la propria carne non per togliersi la vita, ma per trarre conferma che il proprio corpo desideri restare vivo: un po' come Tsukamoto, che attraverso il taglio, lo scarto di momenti di "ultracinema" chiede a se stesso conferma di esistere ancora. Lasciandosi martoriare durante tutto il film dalla protagonista, scomparendo senza una spiegazione: per (ri)trovarlo aspetteremo il prossimo film.