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Kinds of Kindness
Chi credeva che con Povere creature! avesse messo la testa a posto, realizzando finalmente un film dalla parte giusta della storia, ovvero femminista, movimentista, aperto al futuro, dovrà immediatamente ricredersi. Kinds of Kindness è Lanthimos vecchia maniera . Un ritorno alle origini con i mezzi e gli attori che la recente consacrazione gli permettono. Pagato da Fox Searchlight.
Tornano Emma Stone e Willem Dafoe, e riprendono i ruoli della creatura e del creatore. Vi si uniscono due attori della nuova generazione, entrambi molto bravi, Jesse Plemons e Margaret Qualley. Il quartetto funziona che è una meraviglia. Si cimentano con maschere diverse ma simili nei tre episodi che compongono il film e che sono intitolati in realtà a un misterioso signor R.F.M.
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Kinds of Kindness
In The Death of R.M.F , Plemons interpreta l’impiegato di un’azienda, talmente asservito al suo capo – un mefistofelico Willem Dafoe - da assecondarlo in tutto e per tutto, fino al punto di mettere e repentaglio la sua vita. In R.M.F. is Flying , Plemons è un poliziotto sconvolto prima dalla scomparsa della moglie in mare aperto (Emma Stone) e poi dal suo miracoloso ritorno, al punto da sospettare non si tratti di lei; in R.M.F. Eats a Sandwich infine, Emma Stone e Jesse Plemons formano una coppia di strampalati viaggiatori che, in missione per conto di un sedicente guru di una setta (Dafoe), cercano una donna capace di resuscitare i morti (Qualley).
Tre modi di raccontare, pardon sbeffeggiare, tic e nevrosi dell’odierna società americana, mettendo alla berlina servilismo, complottismo e fanatismo. Tre variazioni sul tema della manipolazione e dell’idolatria, questioni tutt’altro che anacronistiche e banali in tempi di populismo, nuove schiavitù e teorie cospirative. È in fondo il problema di Povere creature!, laddove il focus era spostato però sulla liberazione dal giogo di Frankenstein. Qui invece i Frankenstein e i loro mostri non hanno questioni in sospeso, collaborano. Le povere creature finiscono per rivelarsi meschine e complici di un sistema di potere e di controllo implacabile e insensato.
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Kinds of Kindness
Lanthimos torna a riflettere sul ritorno patologico in Occidente del religioso, in un tempo senza Eterno dove il devozionismo è sguarnito di speranza e la fede privata di Cielo. Dio è morto e l’uomo in coma farmacologico. Agghindata in abiti eccentrici o in tenute succinte, nomade o protetta da dimore dorate, la creatura non è povera e nemmeno misera, piuttosto miserabile e indegna di pietà.
Il de profundis è servito a colpi di ironia dissacrante, corali gregoriane e provocazioni non sempre riuscite e forse nemmeno spesso. I limiti di Lanthimos autore sono connessi a un cinismo divertito ma arido. E gli shock – via via più insistiti e gratuiti man mano che il film procede, tanto che dei tre episodi il primo ha certamente più brio - possono forse colpire un pubblico smemorato o a digiuno dei Buñuel e dei Ferreri.
In fin dei conti è una proposta che si esaurisce nel gusto per l’assurdo, la provocazione, lo sberleffo nichilista. Mentre il compasso con cui disegna la messa in scena del mondo infonde a questa intemerata goliardica un’armonia di superfice, una voluttà estetica, a Kinds of Kindness manca del tutto il senso morale, quel sostenersi oltre le forme del visibile, per effetto di un misterioso ordine interiore.