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Alla famigerata foresta dei suicidi ai piedi del Monte Fuji, servirebbe un cartello ammonitorio non solo per i visitatori occasionali ma anche per i registi cinematografici. Se persino il navigato Gus Van Sant, con il rovinoso The Sea of Trees, ci aveva lasciato le penne, figuriamoci un principiante come Jason Zada cosa può aver combinato.
Senza figurarselo troppo, basti e avanzi il suo Jukai - La foresta dei suicidi, ennesimo prodotto derivativo che saccheggia il J-Horror senza vergogna. La trama basic - una ragazza americana (Natalie Dormer) viaggia fino a Aokigahara per ritrovare la sorella gemella scomparsa – è solo un espediente per riciclare trucchi e parrucchi della scuola nipponica, senza nessuna pretesa filologica né di riappropriazione culturale.
Così, lo spirito minacciosa degli antenati, la natura mormorante, il perpetuare dei morti e il defungere dei vivi, gli yūrei e gli altri poltergeist di matrice shintoista sono come eradicati dal loro contesto e de-semantizzati, piazzati lì più per rassicurare lo spettatore sulla tipologia di prodotto che per turbarlo. Per il resto jumpscare a gogo, abuso di waterphone, script ottuso e attori spaesati. Aokigahara: lasciate ogni speranza, voi ch' entrate.