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Journal de France
Raymond Depardon è uno dei pochi - forse degli ultimi - cineasti affermati a non avere origini urbane e borghesi. Figlio della profonda provincia francese - così ama definirsi lui stesso - Depardon ha ricevuto la sua prima formazione alla vita e alla professione “d'iconografo” dentro il paesaggio netto e duro della campagna della Francia centrale. Poi - prestissimo - c'è stata l'iniziazione alla fotografia, anche quella cominciata su soggetti e oggetti fuori dall'orizzonte moderno. Dopo un lungo e felice avvio come fotografo reporter (prima per l'agenzia da lui stesso fondata, Gamma, poi anche per la prestigiosa Magnum, fino al Pulitzer, vinto nel '77), è venuto il cinema, inutile dirlo, - quasi esclusivamente - documentario.
Fuori Concorso a Cannes, Depardon porta in questi giorni Journal de France, il primo film diretto a quattro mani con Claudine Nougaret, sua collaboratrice storica come tecnica del suono e come produttrice, che con il regista/fotografo divide da circa trent'anni anche un matrimonio. La struttura è semplice tanto quanto l'intenzione all'origine del progetto: la voce di Claudine Nougaret ripercorre la storia professionale e umana del marito/maestro/collega cucendo insieme materiali girati da Depardon regista e mai montati nei suoi film e una caccia fotografica di Depardon fotografo, in giro per l'amata provincia francese sulle tracce dei segni del passare del tempo.
Nonostante i titoli di coda dichiarino una regia a quattro mani, quel che sembra è che sia Nougaret a tenere in mano il timone del film, e, per una volta, Raymond Depardon si limiti a fare l'interprete di se stesso. La selezione delle immagini d'archivio è - inevitabilmente - appassionante, seguire da vicino Depardon mentre sceglie i luoghi, decide le inquadrature, piazza il cavalletto e scatta, centellinando le pose a disposizione, è certamente un'esperienza degna di menzione, tuttavia né la narrazione/ricostruzione dell'evoluzione storica di Depardon, né la composizione del suo ritratto riescono mai a diventare lavoro critico. E Journal de France viene per questo condannato a restare film didattico.