Per creare una leggenda bisogna avere il coraggio di distruggere il mito e farlo rinascere dalle sue ceneri. Joker al Lido aveva vinto il Leone d’oro nel 2019, rivelandosi l’altra faccia di un immaginario a cui si era ormai fin troppo debitori. Il suo sguardo era a Scorsese, Lumet e solo di riflesso ai cinecomics. Il vero colpo di scena arriva però in un sequel fuori da ogni categoria, in cui l’unico codice è l’attaccamento viscerale al cinema.

Joker: Folie à deux si rivela la vera sorpresa della Mostra di Venezia. È un film inaspettato, in cui non si indagano solo le origini del male, ma ci si concentra soprattutto sulla redenzione. Qui la vera condanna del villain è di non potere mai uscire dalla sua dimensione. Per essere accettato ha bisogno di rimanere la maschera che si è costruito. Joker è vittima di sé stesso e di ciò che ha creato.

Il regista Todd Phillips si dimostra controcorrente. Il suo “mostro” è estremamente umano, vicino a noi. La provocazione è nell’immedesimarsi, nel rischiare di empatizzare con la bestia e di trasformarsi nei carnefici, in un film in cui le vittime si mescolano agli assassini. Joker: Folie à deux è un secondo capitolo pieno di ambizione, coraggioso, che esce da qualsiasi schema. L’errore più grande sarebbe cercare di trovare un’etichetta, di volerlo rinchiudere all’interno di regole predefinite.

Sarebbe riduttivo definirlo un film figlio di un immaginario precostituito, un film che racconta una storia d’amore, un sequel che si avvicina inesorabile a ciò che conosciamo, una tragedia che si personifica all’interno di un’aula di tribunale. Joker è molto di più: inventiva, creatività, sfumature. È romantico, disincantato, si immerge nelle illusioni flirtando con la realtà e lanciandosi nella follia.

È incredibile vedere come Phillips si avvicini al musical, come trasformi un maniaco da fumetto in un divo del passato, che si improvvisa un novello Fred Astaire. Il regista qui ha realizzato la sua rondepiù struggente, il suo girotondo costellato di odi et amo che si proietta verso il sangue e la criminalità. Lady Gaga e Joaquin Phoenix ballano tra i corridoi del manicomio di Arkham, i pazzi che incarnano creano un legame forse indissolubile anche a distanza, comunicando attraverso un unico linguaggio: quello della musica. Sono le stesse note che Arthur Fleck sente nella sua mente, che improvvisamente escono dalla sua testa per prendersi la scena.

Joker: Folie à deux è quindi folgorante, forse è un alieno, che supera addirittura il primo capitolo. Si rivela un saggio sulla disperazione, sulla ricerca di un impossibile ormai senza speranza. Nell’originale vedevamo la nascita dell’antagonista per eccellenza. Il film era stato scambiato erroneamente per una storia reazionaria, contro il sistema. Ed è come se in Joker: Folie à deux arrivasse la risposta: la società non può accettare di uscire dall’immagine superficiale, precostituita, che si crea di ogni persona.

Phillips va quindi oltre le apparenze, in profondità, distrugge ciò che ha ideato per poi dargli nuova linfa. Rielabora anche la mitologia legata al supereroe, tratteggiando “il cattivo di cui abbiamo bisogno”, per parafrasare il finale del Cavaliere oscuro. Giraun film che rifiuta il caos, per andare oltre la rivoluzione attraverso la macchina da presa. Commovente, pirotecnico, Joker: Folie à deux è una meteora irripetibile, un’epopea testamentaria, una danza funerea che dobbiamo accogliere. Leone d’oro? Una fantasia sconvolgente, forse irrealizzabile, in cui bisogna credere.