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Continua la saga di John Wick con un terzo capitolo che riprende a stretto giro le vicende del secondo. E non solo, ne porta avanti pure le intenzioni, ovvero quelle di un film estremamente votato all’azione. Ci sarebbe potuto dire “esclusivamente”, e l’illusione si mantiene intatta per la prima mezz’ora di film, dove l’azione sembra davvero non avere soluzione di continuità.
Sarebbe stato meglio, perché non appena Parabellum devia appena dal suo percorso di colluttazioni fantasiose e spietate, si sfilaccia per poca coerenza con un impianto narrativo non solo carente, ma anche stonato.
Il regista Stahelski, una costante della saga, dirige Keanu Reeves (e Halle Berry, per una breve parentesi) in maniera esemplare, anzi, didattica, quando si tratta di menare le mani. Già perché il film, con tutti i difetti del caso, si lascia apprezzare comunque per il suo intento pro-grammatico: codificare la pellicola d’azione pura, facendo corrispondere suoni netti e precisi ad azioni corrispondenti. La lotta diventa una danza, una sinfonia, la cui bellezza si manifesta ai fan del genere sotto forma coreografica, non soltanto per il suo contenuto e non priva di ironia autoreferenziale.
L’apporto narrativo delle sequenze si auto-annulla e gli scontri, di conseguenza, acquisiscono valore di per se stessi. Certo, è un compromesso ingombrante da imporre, vista la totale assenza di una trama consistente sul versante opposto, ma perlomeno è sincero.
Resta il rimpianto di non aver, con il minimo sforzo, fornito questo terzo capitolo (come pure il precedente) di motivazioni più solide, magari con un paio di colpi di scena validi. Quando l’azione è tanta e tanto ben strutturata, basta poco per infiammare la pellicola. Invece John Wick sceglie la strada più difficile, quella del guerriero solitario, e si priva di una grande fetta di apprezzamenti.
Ma d’altra parte, difettando persino di un finale conclusivo, può sempre riprovare con il prossimo film. E chissà che, come con Rocky 4, non sia quello della consacrazione.