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Jerichow
Triangolo tedesco per Christian Petzold in Concorso con Jerichow. Protagonisti Thomas (Benno Furmann), un ex soldato congedato con disonore, che ha perso mamma, soldi e ora prova a restaurare casa; Ali (Hilmi Sozer), turco trapiantato in Germania e proprietario di 45 snackbar, dedito all'alcool e al profitto, e la sua splendida moglie, Laura (Nina Hoss), da lui comprata più che sposata, e visibilmente insoddisfatta.
Già due volte in concorso alla Berlinale con Gespenster e Yella (Orso d'Argento a Nina Hoss nel 2007), Petzold ora porta al Lido la dura realtà di Jerichow, un paese disagiato della Germania nord-orientale, dove un campionario assortito di avidità, diffidenze, pulsioni, dipendenze e passioni farà deflagrare i destini comuni del terzetto. Traendo spunto da un fatto di cronaca - un vietnamita, proprietario di 45 snack bar, arrestato nella zona di Prignitz perché "reo" di avere un mucchio di monete nel bagagliaio dell'auto incidentata - il regista tedesco, classe 1950, mette in scena un teorema in forma di melodramma, costruito sul fondamentale assunto "Non ci si può amare senza soldi", che mette in bocca a Laura, il lato debole, anzi forte, del triangolo con due uomini uguali e contrari, ovvero fisicamente e ideologicamente diversi, ma analogamente votati a soffocare l'indipendenza della donna.
A catalizzare queste (non)relazioni è il denaro, quello che Ali utilizza per tenere in pugno, oltre che a letto, l'indebitata Laura, e quello che Thomas non le può offrire: mutatis mutandis, sono questi liquidi a lubrificare la caduta nel vuoto del lui-lei-l'altro. Fin qui tutto bene: pregevoli le intenzioni, buona la direzione degli attori, ottima la prova di Hilmi Sozer, colta la regia. Purtroppo, c'è dell'altro: l'enfasi del melò mette al tappeto non solo la supposta drammaticità ma pure la verosimiglianza della storia, condannando questo saggio sul potere asfittico del denaro a meccanico, banale e usurato trattatello socio-sentimentale. Sono tre anime in cerca di un riscatto - biografico per Thomas, femminile per Laura e socio-antropologico per Ali - che la sceneggiatura nega. Colpevolmente, e nemmeno lucidamente: troppe "coincidenze" fanno perdere il film.