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Pietro Cavallero, Ezio Barbieri, Paolo Casaroli alias “il Dillinger bolognese”, Luciano De Maria, Horst Fantazzini, Luciano Lutring, “il solista del mitra”: in vita non hanno mai “cantato”, lo fanno ora in Italian Gangsters, il film di Renato De Maria che ripercorre volti e gesta della mala nostrana, Un “come eravamo” che – la mitologia criminale aiuta – stride con l’odierna Mafia Capitale, la connivenza e la corruzione delle istituzioni, il “mischione” in cui si (con)fondono responsabilità politiche e irresponsabilità etica: queste facce da schiaffi invece no, erano quasi consolatorie, ovvero manichee, perché loro erano i cattivi e – sottinteso – noi i buoni, loro i ladri e noi le guardie.
De Maria prende dagli archivi, quelli del Luce e quelli familiari di Home Movies; dai film, dai poliziotteschi di Di Leo, Bava e Deodato ma anche da Petri e Bellocchio; dai resoconti a mezzo stampa ( e saggistica) di, tra gli altri, Biagi, Bocca e Montanelli; soprattutto, affida a sei giovani attori Francesco Sferrazza Papa, Sergio Romano, Aldo Ottobrino, Paolo Mazzarelli, Andrea Di Casa e Luca Micheletti il compito di ridare vita e parola, meglio, confessione a quei famigerati, mitici e misconosciuti gangster de’ noantri. Nulla per cui strapparsi i capelli, s’intende, ma dietro ogni romanzo criminale c’è un saggio criminale, e questo lo è: oggetto, quando eravamo criminali “per bene”.