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Tre storie per raccontare l’India dei nostri tempi e la sua società in perenne bilico fra tradizioni millenarie e i cambiamenti, spesso feroci, di una modernità sempre più incalzante e apatica. A Mumbai si intrecciano le vicende tragicomiche di un impiegato costretto a divertirsi a tutti i costi per un giorno, dopo aver vinto un premio indetto dalla stessa azienda presso cui lavora; di una famiglia che si raduna dinanzi al capezzale di un uomo morente, ma che al malato finisce presto per preferire i tremori e i palpiti di una soap-opera in tv; di una giovane donna di povera estrazione che sembra intravedere una scintilla di luce quando una misteriosa lettera d’amore la raggiunge.
Altra opera prima in concorso alle Giornate degli Autori, a firma di Ruchika Oberoi, Island City soffre di una certa immaturità sul piano narrativo ed espressivo: mentre i primi due racconti sono fin troppo grotteschi e macchiettistici, la materia raggiunge forma filmica compiuta soltanto nel terzo e più ispirato episodio, laddove la drammaticità del reale si congiunge molto bene alla volontà registica di raccontare una nazione dove l’atavica miseria urbana non è che l’altra faccia della medaglia di una società ormai anch’essa tormentata dai ritmi e dai rituali disumanizzanti della più squallida globalizzazione tecnologica.