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Io e Spotty_F.Scotti, M.De Rossi_Photo credit Nicole Manetti
Di film con animali parlanti ne abbiamo visti tanti. Uno su tutti: il mitico Ted, orso di pezza dalla parlata sguaiata che permetteva all’adulto-bambino, presente in ognuno di noi, di continuare a vivere nel mondo dell’infanzia.
Spotty, cane gigante dal suo musone bianco e nero, è sicuramente meno sguaiato e più silenzioso dell’orsetto di cui sopra, ma a suo modo fa lo stesso lavoro, ovvero tiene ancorato Matteo (Filippo Scotti, qui al suo secondo ruolo da protagonista dopo E’ stata la mano di Dio, interpretazione per la quale ha vinto il Premio Marcello Mastroianni alla 78esima Mostra Internazionale di Venezia) al suo essere bambino, nonché alle sue paure e ai suoi mostri.
Ma c’è un’altra grande differenza: Ted era l’amico immaginario esterno e altro da sé, Spotty invece è interno allo stesso giovane lead-animator che disegna fiori super petalosi e api arrabbiate, insomma cartoon per bambini, e che ogni sera quando torna a casa dal lavoro si trasforma e indossa una tuta di pelo fingendo di essere un cane.
A fargli da dog sitter una ragazza di nome Eva (la brava Michela De Rossi, di recente al cinema in Con chi viaggi con Lillo, Rovazzi e la Mastronardi), studentessa fuori sede che perde un lavoretto dietro l’altro, che soffre di attacchi di panico e che dice tante bugie alla madre (Paola Minaccioni).
Io e Spotty_M.De Rossi, Spotty_Photo credit Nicole ManettiDopo il suo esordio con Brutti e cattivi (2017), il regista Cosimo Gomez da sempre affascinato dalla diversità porta in sala (dopo la presentazione al Taormina Film Festival) un’altra storia che affronta l’argomento.
Il tema non era semplice: disturbi schizoidi della personalità, attacchi di ansia, e il fenomeno degli human pups, una tendenza che c’è in Nord Europa per cui alcune persone si travestono da animali.
Gomez, che ha scritto a quattro mani insieme a Luca Infascelli questo film prodotto da Carlo Macchitella, i Manetti bros. e Pier Giorgio Bellocchio, ci riesce, anche grazie al talento dei suoi giovani interpreti, e ci regala, come lui stesso la definisce “una commedia romantica della porta accanto”. Nota a margine: in salsa pop e a tratti un po’ horror.
Un film che con delicatezza ci ricorda quanto l’amore possa essere terapeutico (in questo caso co-terapeutico) e aiuti a superare i propri limiti, nonché le proprie debolezze e insicurezze e persino le patologie più gravi.