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Si dice che “il cane sia il migliore amico dell’uomo” e sicuramente questo assioma rappresenta il filo conduttore di Io e Lulù, interpretato e co-diretto dell’attore Channing Tatum (insieme a Reid Carolin) e distribuito da Notorius Pictures.
Il film vede un ex ranger dell’esercito statunitense Jackson Briggs, deposto dal ruolo a seguito di lesioni celebrali avute in guerra, a cui viene commissionato il compito di portare il cane-militare Lulù al funerale del padrone, suo vecchio compagno d’armi, dallo Stato di Washington all’Arizona.
La missione, ai suoi occhi semplice ed affatto valorosa, si rivela fin da subito non così facile. Il cane è un pastore belga Malinois femmina, utilizzata dai militari nelle missioni, particolarmente agiata ed aggressiva e alla quale è riservato il peggiore degli epiloghi. Da protocollo, infatti, è prevista l’eutanasia per comportamento violento e decesso del proprietario-addestratore.
Se per Lulù il viaggio è una discesa aimè fatale, per Briggs invece corrisponde ad un’ipotetica rinascita rappresentata dall’opportunità di ottenere la tanto agognata idoneità fisica necessaria per tornare attivamente nell’arma.
Ed è con queste premesse che ha inizio un road movie della strana coppia composta da uno yankee e dall’animale, chiamato amorevolmente solo ‘cane’, a bordo del Bronco blu e bianco del 1984 lungo la costa del Pacifico.
Fin dall’inizio il rapporto tra i due è complicato, all’insegna di infantili ripicche e comportamenti sleali e ad aggiungersi a tutto ciò ci saranno bizzarri accadimenti durante il percorso: arresti, coltivatori di marijuana collerici, animalisti incalliti e curatrici-sensitive che leggono i desideri del cane di avere un letto comodo e mangiare cibo indiano.
Saranno questi incontri stravaganti, un epifanico pomeriggio con il gemello di Lulù e il suo padrone ad insegnare a tutti e due a fidarsi l’uno dell’altra, scoprendo quanto in realtà abbiano in comune. Perché, in fondo, entrambi sono smarriti ed ancorati alle loro vecchie esistenze non riuscendo a concepire di essere altro da quello che sono sempre stati. E come in ogni racconto di formazione che si rispetti, quelli che prima erano nemici divengono complici in grado di dare una nuova traiettoria alle rispettive vite.
Come è evidente dall’intreccio, la materia non è innovativa e presenta le caratteristiche più sfruttate del genere ‘road’ d'oltreoceano a partire dalla colonna sonora folk fino all’esaltazione del paesaggio fatto di grandi distese, scogliere scoscese e magnetici tramonti. Ma la delicatezza con cui è raccontata e le riflessioni che ne emergono sono comunque interessanti, soprattutto per quanto riguarda l’emergere di un’ottica sul machismo militare americano in cui vige il detto “i ranger fanno strada…fino in fondo” eppure capace di grande sensibilità e consapevolezza emotiva di sé.
L'opera prima di Tatum, suo sentito omaggio alla sua cagnolina Lulù mancata nel 2018, è quindi la garbata celebrazione degli effetti benefici che può avere un’amicizia disinteressata e genuina tra esseri umani di specie diversa.