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Alla fine la cosa meno incredibile sono proprio loro due, Margherita Buy e Sabrina Ferilli, che si abbracciano, si baciano, si scambiano effusioni - poche per la verità. Non significa però che ci crediamo. Insomma entrambe hanno un passato, un posto nell'immaginario di fidanzate, mogli, amanti, madri, persino suore. Accettare che un giorno possano finire insieme è difficile. Però non impossibile.
Quello che di Io e lei, la nuova commedia di Maria Sole Tognazzi, proprio non va giù è il contorno. Gli ex mariti, i figli, le fidanzate dei figli. I colleghi.
Tutti aperti, emancipati, comprensivi, orribilmente felici. Gli ambienti color pastello, gli interni eleganti, gli arredi puliti, costosi, i suv da 50 mila euro che trovano sempre parcheggio. I weekend in abbazie del '300 trasformate in resort a cinque stelle. Il filippino gay lava e stira (omaggio al Vizietto di papà Ugo). La Roma senza buche, senza accattoni, senza cortei, senza menomati psichici né rifiuti per strada. Il prendi e lascia, il dai e vai, il tradimento e il ripensamento, il pentimento, la scena madre. Materia da soap pomeridiana spacciata per sottile psicologia femminile.
La presunzione dell'esemplarità nella beata ignoranza del proprio paese. La supponenza borghese che tutto sa pontificando dal salotto di casa. Un attico su due livelli nella Roma bene, il gatto pregiato, il frigo pieno, il bagno in ordine, la tv satellitare con l'ultima serie americana di grido.
E pazienza se poi le risate sono da cafoni: la battuta vagamente razzista (sui filippini che una volta si facevano i ***** propri), la parolaccia detta "alla romana", che non guasta mai, il ricorso alla macchietta. Situazioni simpatiche tipo: te le vendono nel pacchetto "commedia italiana" e non puoi rinunciarvi. Che resterebbe altrimenti? Siamo seri.
Anzi no, perché in fondo anche questo Io e lei è una favola. Una favola lesbo, come dice sfacciatamente qualcuno nel film a proposito di un film Disney. Roba da matti. Favole come tutte quelle che ci raccontano in Italia, dalla mattina alla sera. Politici, intellettuali, registi, attori.
Raccontano, raccontano, raccontano. Mentre gli altri non vanno più a votare e nemmeno a vedere i film. Semplice coincidenza?