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Una scena di
Interview
Giornalista politico e reporter di guerra lui, starlette di soap opera e film di serie B lei. Quasi una punizione per Pierre Peders (Steve Buscemi) intervistare Katya (Sienna Miller, la sua performance migliore), attricetta balzata agli onori della cronaca "più per le sue avventure erotiche che per i film interpretati". Il disagio e la disistima iniziale sono reciproci, ma alla fine il loro incontro formale si trasforma in qualcos'altro: nel loft newyorchese di lei, il faccia a faccia li porterà a confrontarsi più intimamente, a raccontarsi aspetti inconfessabili delle proprie vite. Ma chi fa il gioco di chi? Alla quarta regia di un lungometraggio, Steve Buscemi dà il via alla trilogia di remake americani pensati per omaggiare il lavoro dell'olandese Theo van Gogh, ucciso nel 2004 da un fondamentalista islamico: Interview, realizzato originariamente nel 2003, mantiene inalterato il senso di un discorso - incentrato sulla disfunzionalità di un rapporto tra due esseri lontanissimi, ma ugualmente disperati - che nelle mani del regista-attore statunitense assume i connotati di un gioco al massacro regolato da equilibri sia fisici che, naturalmente, psicologici (come la finta confessione di un male incurabile, l'altrettanto deprecabile menzogna su orrori di guerra mai avvenuti...). Abituato al cinema dei vari Jarmusch, dei fratelli Coen, Tarantino, maschera indimenticabile per ruoli altrettanto significativi, Buscemi non sbaglia quasi nulla sul piano tecnico (adottando persino l'escamotage delle tre macchine da presa, marchio di fabbrica di van Gogh) ma non riesce a mantenere uniforme la tensione narrativa, scivolando nella seconda metà del film verso un finale solo apparentemente rivelatore, in realtà tutto fuorché inaspettato: "E' il mondo delle celebrities, è il giornalismo", questa la (prevedibile) giustificazione terminale di una messa in scena a tratti seducente e brillante, duetto imperfetto ma al tempo stesso affascinante.