La domanda contiene la risposta, se ci chiediamo chi sia stato – chi sia – Luigi Ghirri. Perché pochi fotografi come lui non hanno bisogno di parafrasi, spiegazioni, note a margine. Demiurgo di un discorso (amoroso) sull’immagine che parla da solo, senza la necessità di esegeti che non siano coloro che di fronte al mistero dell’estasi se ne interrogano sulle ragioni.

Fotografo popolare perché legato alle radici (la provincia reggiana), rivoluzionario per un lavoro sul colore che dalla cronaca si discosta sul piano del ripensamento artistico, affamato di storie lontane che producono nuove immagini, il nostro è protagonista di Infinito. L’universo di Luigi Ghirri, diretto da Matteo Parisini e presentato nella sezione Freestyle alla Festa del Cinema di Roma.

® eredi Luigi Ghirri
® eredi Luigi Ghirri
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Protagonista non solo perché il doc recupera materiali video in cui lo ritroviamo in attività e convoca familiari, amici, collaboratori (citiamo le figlie Ilaria e Adele, l’artista e amico intimo Franco Guerzoni, Massimo Zamboni dei CCCP per i quali Ghirri fece la cover di Epica Etica Etnica Pathos) per rievocare il profilo di un uomo prematuramente scomparso (il film nasce per commemorare il trentennale della scomparsa, avvenuta quando Ghirri aveva da poco compiuto 49 anni).

Ma protagonista perché in Infinito tornano le parole del fotografo attraverso la voce di Stefano Accorsi, un attore che ormai riesce a incarnare lo spirito di un territorio, quello emiliano-romagnolo, evocando il sentimento della sua gente. E così il doc riesce a restituire una ricchezza intellettuale che mette Ghirri in contatto con le suggestioni teoriche di Aldo Rossi (punto di riferimento esplicito), le atmosfere stranianti di Michelangelo Antonioni, le nature morte che dialogano con l’intimità domestica di Giorgio Morandi.

Nella forma di un documentario che sa eludere la comodità didascalica e la retorica della celebrazione per collocarsi in una posizione più complessa e dialettica, Infinito ha l’intelligenza di non fare di Ghirri un santino, sottolineandone piuttosto l’incidenza sugli altri (chi l’ha conosciuto, che vediamo in scena; chi l’ha soltanto amato, che si percepisce come presenza costante benché non visibile) attraverso la concretezza dell’atto, l’ecologia dello sguardo, il minimalismo espressivo.

® eredi Luigi Ghirri
® eredi Luigi Ghirri
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È così che, al di là del rapimento estetico, capiamo il senso di immagini (paesaggi stranianti, dai colori pastello, in cui la finzione irrompe in quanto più reale del vero) che sembrano nascere dal caso ma che in realtà sono esiti di ricerche concettuali sul bisogno di andare oltre la prima dimensione.

Per riflettere sul rapporto tra realtà e finzione, memoria e riflessione, infinitamente grande e infinitamente piccolo. Uno scardinamento dei codici canonici che ha rivoluzionato un settore, rivoluzionando la cultura fotografica e offrendo un altro punto di vista per osservare il mondo e guardarlo dentro nuove coordinate.