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In solitario
Yann Kermadec (François Cluzet) sta sorprendendo tutti. Chiamato a sostituire l'amico Franck Drevil (Guillaume Canet) alla partenza della Vendée Globe, il giro del mondo in barca a vela in solitario, dopo pochi giorni si ritrova in un piazzamento insperato. Tutto sembra procedere per il meglio, ma dopo la sosta forzata per riparare un guasto all'imbarcazione, Yann si ritrova a bordo un giovane passeggero (Samy Seghir), un sedicenne clandestino che rimetterà tutto in discussione: l'andamento della gara e la vita stessa dell'uomo.
Opera prima di Christophe Offenstein, In solitario è un Quasi amici meno comico, realizzato in condizioni oggettivamente estreme (a parte il racconto parallelo, sulla terraferma, che coinvolge gli affetti più cari di Yann) ma non per questo capace di affrancarsi da uno stile convenzionale e da uno sviluppo francamente deludente.
La bellezza e la furia del mare, il logorio di una solitudine comunque mitigata dalla tecnologia (Skype e telefoni satellitari consentono al protagonista di non essere mai veramente così solo), il progressivo consolidarsi di un rapporto umano: tutto molto bello, sempre contrappuntato da un accompagnamento musicale ai limiti dello stucchevole, per una deriva che costringe il film a far passare in secondo piano i buoni sentimenti di fronte all'inverosimiglianza di alcune scelte. Senza neanche potersi rifugiare nell'escamotage che quasi sempre tutto assolve, quel "tratto da una storia vera" che stavolta non c'è. Offenstein avrà sicuramente altre occasioni, ma questa prima volta - parafrasando un film di Stefano Reali di qualche anno fa - è stato un giro "in barca a vela contromano".