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Il vento fa il suo giro
Ambientato in Alta Val Maira, Alpi Piemontesi, Il vento fa il suo giro si interroga sulle sorti contemporanee della cultura occitana: "A un certo punto l'hanno quasi ammazzata. Sai perché? Perché era gente tollerante". Una tesi che, in realtà, il film, primo lungometraggio in lingua occitana girato nel nostro Paese - finirà per contraddire, consegnando la sopravvivenza della tradizione e della vita montana ai giovani. Popolato quasi interamente da ottuagenari, il paese vive solo d'estate, all'arrivo dei proprietari delle seconde case. Una situazione che pare cambiare quando a Chersogno giunge Philippe Heraud (Thierry Toscan), un pastore francese che vorrebbe trasferirsi lì dai Pirenei. Dopo l'iniziale diffidenza dei locali, Philippe, la moglie e i tre figli sono accolti con una fiaccolata di benvenuto dal sindaco Costanzo (Dario Anghilante) e dagli altri abitanti del paese: tutti si adoperano per sistemare la casa che li accoglierà e per dare in concessione i pascoli. Philippe stringe amicizia con Fausto (Giovanni Foresti), ma con il passare del tempo la situazione precipita: le capre e la produzione di formaggi sono invise ai locali, il modo di vivere degli Heraud è oggetto di critiche feroci. La convivenza diventa impossibile. Girato dall'esordiente Giorgio Diritti (bolognese, legato a Ipotesi Cinema di Olmi, già aiuto di Avati e poi impegnato in tv), l'auto-prodotto, finanziato e distribuito Il vento fa il suo giro arriva in sala dopo due anni, colpevolmente trascurato - se non avversato - dalle case nostrane, nonostante le decine di premi rastrellati in tutto il mondo. Mosso e percorso da uno sguardo antropologico, Il vento scuote via dalle immagini la consueta retorica che canta la vita contadina, non temendo di rilevare - e stigmatizzare - le bassezze, gli intrighi e la volontà di (auto-)esclusione dei valligiani. Misurata e profonda, poetica e minuziosamente descritta, è un'opera anomala nel panorama cinematografico italiano: per ottica etnografica e analisi psico-sociale, una deliziosa, sorprendente alternativa. Così locale da divenire - ragione e sentimento - paradigmatica: cinema glocal, come l'Italia non riesce (quasi) più a fare. Da non perdere.