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Il vento del perdono
La casa nella prateria, il mandriano indurito dalla vita, la nipotina che gli fa riscoprire il sentimento. Tutto secondo cliché nel Vento del perdono di Lasse Hallström. Senza sussulti e rinunciando a qualsiasi pretesa. Le premesse non sono le più originali, ma il regista di Chocolat e Le regole della casa del sidro non coglie quei pochi spunti che pure la storia avrebbe potuto offrire. Siamo in Wyoming, in un ranch sprofondato nel verde. La camera non spazia, la fotografia non esalta, ma intuiamo che si tratti di un paradiso terrestre. Einar ha tanti cavalli e il volto di Robert Redford, ma il cuore indurito dalla morte del figlio. Con la nuora Jean (Jennifer Lopez), che ripara da lui dopo anni per scampare alle botte dell'ex, non parla perché le imputa l'incidente, e di conseguenza neanche con la nipotina. Il suo unico tramite col mondo è l'amico Mitch, un Morgan Freeman condannato a ripetersi nel ruolo del mediatore. Come già in Million Dollar Baby sarà grazie a lui che cominceranno a sciogliersi i ghiacci emotivi. A movimentare la parabola di pentimento e redenzione dei protagonisti, ci prova il maldestro inserimento di un conto aperto tra Mitch e un grizzly che non mette paura a nessuno. Il risultato è un pastone senza senso, che si sviluppa secondo i canoni della più scontata prevedibilità e, quando prova a rialzare la testa, lo fa in maniera talmente goffa da sfiorare il ridicolo.