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È una contraddizione in termini: un buddhista che predica l’odio. Un ossimoro vivente. Eppure non è fantasia, ma realtà, che certe volte (come purtroppo in questa storia) supera ogni immaginazione.
È il caso del Venerabile Wirathu che in Birmania indossando il suo saio arancione ha iniziato ad incitare i suoi seguaci alla violenza, alla distruzione e all’islamofobia.
Un odio che parte da lontano (“L’odio è sicuramente il piacere più duraturo. Gli uomini amano in fretta, ma odiano con calma”, Lord Byron) esattamente nel 1982 quando questa popolazione, che viveva in Arakan, nella parte settentrionale della Birmania, è stata per prima cosa privata della cittadinanza birmana e dei propri diritti e poi è stata perseguitata con incendi, arresti, torture, stupri di massa ed esecuzioni.
Tutto questo ha portato al genocidio della minoranza musulmana dei Rohingya. Tanto che oggi quasi la metà di questo piccolo gruppo etnico è stata annientata e più di 700mila persone sono state costrette ad andarsene e a rifugiarsi nel vicino Bangladesh, uno dei paesi più poveri del mondo.
Ci mostra questo lato oscuro del buddhismo, lontano dai valori di pace e dalla meditazione al quale di norma lo associamo, e più vicino al nazismo di Hitler e alle sue teorie della razza ariana, il regista francese Barbet Schroeder con il suo documentario Il venerabile W., che può essere considerato come l’ultima parte di una “trilogia del male” iniziata nel 1974 con il Generale Idi Amin Dada sul dittatore ugandese e seguita nel 2007 da L’avvocato del terrore su Jacques Vergès.
Con le sue tournée di sermoni che incitavano alla discriminazione e a vedere i Rohingya come una minaccia (“Tra un birmano e un musulmano da chi comprereste?”, “Chi scegliereste?”, “Attenzione, i musulmani si riproducono come conigli!”) e con il suo movimento fascista “969”, il monaco Wirathu, altamente rispettato e influente, rappresenta il volto del terrore buddhista.
Colui che apparentemente dovrebbe predicare la pace può fare invece fare l’esatto contrario e, come l’acqua piovana che goccia dopo goccia riempie una tazza, allo stesso modo anche gli innocenti assorbendo una goccia alla volta possono finire per fare del male.
Questo film ci apre così gli occhi sul mondo e ci insegna a dubitare, a non vedere la realtà tutta bianca o tutta nera, a guardare le sfumature. Ci ricorda di stare sempre attenti, che la storia si ripete, che un nuovo Hitler può sempre tornare e che ogni genocidio, ogni crimine contro l’umanità, ogni pulizia etnica parte sempre nello stesso modo. Con lo stesso identico processo d’odio. Da non perdere.