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Una sinfonia del silenzio che, dal corpo umano, muto e ambiguo, si diffonde sino ad avvolgere e a compromettere le relazioni interpersonali, specchio di un'intera società ripiegata su se stessa, taciturna, incupita, rassegnata. Il primo lungometraggio di Fabio Mollo, Il Sud è niente, è, senza mezzi termini, un atto d'accusa nei confronti di un mondo, il meridione italiano, apparentemente condannato a un'arretratezza che sembra farsi quasi condizione esistenziale inesorabile; in modo più velato, l'accusa si riversa sul capo di chi si è adoperato per lasciare, nel corso dei decenni, il quadro immutato. Al centro della vicenda troviamo Grazia, una solitaria ragazza alle soglie della maturità che vive assieme al padre e alla nonna nei pressi dello Stretto di Messina, nella periferia di una Reggio Calabria abbrutita dall'abusivismo edilizio e segnata dalla presenza invisibile ma onnipresente della malavita organizzata. Grazia è ossessionata dal ricordo del fratello Pietro: suo padre Cristiano, anni prima, le ha riferito che il fratello è morto e non hai mai voluto riaprire la questione. Finché una sera, durante un liberatorio bagno a mare, Grazia intravede una figura umana in cui crede di riconoscere il fratello perduto. Da quel momento, la sua muta scontrosità sarà indirizzata alla ricerca di Pietro: ciò la condurrà verso un nuovo e stavolta decisivo confronto con il padre. Mollo lavora per sottrazione, adoperando il silenzio e la penombra come fattori espressivi di un linguaggio registico concentrato su pochi ma essenziali dettagli. Il meridione de Il Sud è niente possiede ben poco degli stereotipi comuni: luci fredde, tinte metalliche di mare e cielo, la costa siciliana lontana come un miraggio svaporato. Il lavoro più impressionante, comunque, resta quello sui personaggi: il problematico rapporto padre-figlia in primis. La Grazia dell'esordiente Miriam Karlkvist è un corpo perfettamente androgino (quasi a compensare la mascolinità perduta del fratello), insaccato in vesti maschili sformate e vecchie, a onta di una femminilità rifiutata perché tenuta nascosta, rabbiosa, introversa e che solo grazie alla rottura del muro di silenzio potrà finalmente sbocciare, aprendosi alla nudità, all'accettazione dell'identità sessuale che la fine dell'adolescenza comporta. Vinicio Marchioni, nel ruolo di Cristiano, ritrae invece una complessa figura paterna divisa tra ossessione del passato, rassegnazione al silenzio e desiderio di fuga. Concludendo, Il Sud è niente suscita stupore e indignazione, eppure appaga e incuriosisce. Oggi come oggi non è poco.