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Sulla scia dei 7 Goya vinti approda nelle sale la nuova pellicola di Rodrigo Sorogoyen, Il regno, nella quale il pubblico potrà ritrovare le medesime qualità di scrittura, estetica e recitazione già presenti nei lavori precedenti.
Qualità che hanno consentito al cineasta madrileno di dare forma ad un thriller che affonda la lama in uno dei temi più caldi in Spagna e non solo, ossia la corruzione nella classe politica.
Seguendo la lezione del grande cinema civile, l’autore riflette su come la mancanza di senso etico si estenda alla Società, della quale il protagonista non è solo una mela marcia, ma uno degli ingranaggi corrotti che la guida.
La macchina da presa entra nelle stanze dei bottoni e ne mostra i meccanismi, pedinando un influente vicesegretario regionale prossimo al salto verso la politica nazionale, che vede la sua vita perfetta andare in pezzi in seguito alle notizie trapelate circa il coinvolgimento in un giro di illeciti.
Il risultato è un giallo teso come una corda di violino, con qualche forzatura narrativa che non mette in discussione l’efficacia di un’opera carica di suspense, che al contempo parla di esseri umani, dei lati oscuri e dei loro dilemmi esistenziali.