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Basta poco a Gipi per mettere a proprio agio il pubblico, per portarlo dentro al suo nuovo film Il ragazzo più felice del mondo e farlo sentire comodo. Gli basta una prima esilarante sequenza faccia a faccia con Domenico Procacci e un esilarante remake di La vita di Adele. Una volta riuscitoci, Pacinotti (Gian Alfonso, vero nome dietro allo pseudonimo del cineasta e fumettista) è libero di raccontare la sua storia, come spesso tra diario, biografia e invenzione.
Qui Gipi cerca il modo di realizzare un documentario su una storia curiosa che gli è capitata: la lettera di un fan 14enne che lo adora e gli chiede un disegno è arrivata con minime variazione a tantissimi disegnatori e fumettisti nel corso degli anni.
Chi è questo fan misterioso e perché si camuffa dietro bugie e inganni? Gipi assieme a Gero Arone scrive il film come un meta-documentario che è al tempo stesso una commedia auto-riflessiva sul significato della fama e sul rapporto di un artista con il proprio pubblico e la propria ispirazione.
Come sempre Pacinotti, tra sincerità e furbizia, si mette a nudo e si riveste di humour per cercare di trovare lo spettatore spiazzato - così come fa con il lettore dei suoi romanzi grafici - quando deve farsi serio, quando si ferma e si mette a riflettere: è un gioco magari facile, o in qualche caso può sembrare vuoto per il minimalismo dei temi messi in campo. Ma è efficace senza dubbio e soprattutto Il ragazzo più felice sa spogliare alcuni di questi minimi temi e renderli condivisi, se non universali, raccontarli attraverso le sfumature di tono, parlare di una generazione che non riesce o non vuole crescere e di farlo con affetto e un pizzico di commozione, di quelle bolle che ci creiamo ogni giorni nei rapporti personali con sarcasmo discreto.
E alla fine, pur nell’apparenza di non aver raccontato davvero nulla, di aver chiuso il film con un “nulla di fatto”, Gipi è riuscito a descrivere una porzione di mondo e di averlo fatto in modo diretto e comico, onesto e umano. Nonostante gli alti e bassi, gli sbalzi di ritmo, le incertezze e gli inciampi di un film che segue le cose come vengono o è abile a farcelo credere, anche sbagliando.