PHOTO
Il ragazzo e l'airone © LUCKY RED
Si era ritirato dieci anni fa, con Si alza il vento. Ora è tornato, forse davvero per mettere la parola fine ad un universo (a più di uno, a dire il vero) che ha saputo ospitare vari epigoni (tutti i discepoli ancora battenti bandiera Studio Ghibli, da Hiromasa Yonebayashi a Reiko Yoshida fino naturalmente al figlio Gorō Miyazaki): non sarebbe dunque scandaloso ritenere Il ragazzo e l'airone il vero film testamento di Hayao Miyazaki, ospitato alla XVIII Festa di Roma in Grand Public e in collaborazione con Alice nella Città, poi dall'1 gennaio 2024 nelle sale distribuito da Lucky Red.
Con una prima sequenza memorabile, caratterizzata da un gigantesco incendio notturno e restituita da una perfezione formale in cui tutto intorno il calore distorce i disegni animati, il film ci introduce il protagonista della storia, Mahito, ragazzino di Tokyo che quella sera perde la madre e, l'anno dopo, si trasferisce con il padre in una gigantesca villa lontano dalla città, da generazioni tenuta di famiglia da parte materna.
Ad attenderli c'è la sua "nuova" mamma, una donna molto simile, nuova compagna del padre e in dolce attesa, che sin da subito accoglie amorevolmente quel ragazzo, insieme a 7 vecchine aiutanti che non possono non far pensare ai nani di Biancaneve… Ma c'è anche qualcun altro che sembra festeggiare l'arrivo del 12enne: un airone cenerino abbastanza curioso e talmente invadente da trascinarlo in quella torre apparentemente abbandonata che in realtà nasconde un incredibile segreto.
Ancora una volta il maestro nipponico 82enne riesce a far dialogare con naturalezza commovente il qui e l'altrove, gli esseri umani e quelli animali, la natura e il sogno: sullo sfondo della Seconda Guerra Mondiale (il padre del ragazzo dirige una fabbrica che costruisce parti di aerei, anche il papà di Miyazaki era ingegnere aeronautico…) il racconto di formazione sembra in parte ricalcare la dinamica del suo capolavoro più celebre (La città incantata) ma la riflessione verte non più sui parallelismi carrolliani del precedente (il richiamo con Alice e il paese delle meraviglie era lì abbastanza diretto), piuttosto sulla possibilità di un regno che – capiremo poi – si regge su un equilibrio a dir poco labile, abitato contestualmente dai vivi e dai morti, un luogo fantastico dove la morte finisce e dove la vita trova un nuovo inizio.
Intitolato in originale come il romanzo del 1937 di Genzaburō Yoshino (E voi come vivrete?), il film ne trae spunto forse per quello che riguarda lo spirito ma se ne discosta ampiamente per quello che attiene il soggetto, e la trama: Il ragazzo e l'airone, contrappuntato come d'abitudine dalle splendide musiche di Joe Hisaishi, mantiene intatta la potenza creativa di Miyazaki (la "discesa" nell'altro mondo, l'ascesa al cielo dei "wakawara", l'airone che poco a poco comincia ad assumere nuove forme, l'ibridazione continua e la trasformazione di senso, le stesse figure colte in differenti momenti della loro esistenza, come Kiriko e Himi) e regala momenti di straordinaria fascinazione (unitamente alla cupezza di alcuni snodi narrativi e figurativi, ah i parrocchetti!...) mai intaccati da una durata leggermente dilatata rispetto al necessario e da una complessità indiscutibile (cosa questa che con buona probabilità potrebbe fiaccare la fruizione per i più piccolini). Regalandosi e regalandoci anche un personaggio chiave, antenato del giovane protagonista, che conduce irrimediabilmente all’anziano demiurgo-disegnatore-regista che ancora tenta di mantenere questi mondi in bilico.
Bentornato maestro Miyazaki, e grazie di tutto.