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Il passato
"Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto: chi ha dato, ha dato, ha dato, scurdammoce 'o passato". Non resta da dire altro, molto altro: Il passato delude, oltre ogni ragionevole dubbio. Diretto dal regista argentino Hector Babenco, implora di scordarne i gloriosi trascorsi: Pixote, la legge del più debole (1980) e, soprattutto, Il bacio della donna ragno (1984, Oscar e Palma d'Oro al protagonista William Hurt). Sorte analoga, su scala minore, per Gael Garcia Bernal, scelto da Babenco "a sua immagine e somiglianza" e inebetito da un copione che grida vendetta a cospetto di qualsiasi dio della sceneggiatura. Calato in una love story fastidiosa e noiosa insieme, il Rimini di Bernal se la deve vedere con Sofia (Analia Couceyro), uno dei più rivoltanti personaggi femminili apparsi di recente sul grande schermo. Non aiutata da un aspetto gradevole, mono-ciglio, occhi vacui e sorriso stolido, è lei "l'arpia" che torturerà il povero (e altrettanto irritante) Rimini per i 114 minuti del film alla ricerca dell'Amore. Lui finirà trapassato, lo spettatore pure. Gratificato al festival di Toronto da giudizi quali "akin to someone jamming a chateaubriand into a champagne glass" (Variety), al concorso della Festa di Roma ritrova la corrispettiva traduzione italiana. Spinto da ambizioni palesi e raramente così frustrate, Il passato merita di rimanere tale, e remoto.