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Saoirse Ronan e Paul Mescal ne Il nemico, credits Prime Video
Occorre ripetere un’ovvietà: non sempre una sceneggiatura tratta da un buon libro è una buona sceneggiatura. La conferma arriva da Amazon Prime, il pacco solo metaforico. Il nemico di Garth Davies – disponibile su Prime - è il classico mappazzone che trasforma le suggestioni psicologiche di un romanzo (di Iain Reid) in confusione drammaturgica, la narrazione intimista in opaca strategia narrativa. Ed è un peccato, perché gli ingredienti per cucinare un discreto prodotto spettacolare c’erano eccome. A partire dal cast, che poteva contare su una coppia di grande affidabilità (ma scarso affiatamento) come quella costituita da Paul Mescal e Saoirse Ronan. E poi i temi, tutti importanti e potenzialmente capaci ognuno di meritarsi un film. Il nemico vorrebbe abbracciarli tutti, finendo per non tenersene veramente nessuno.
Siamo nel 2065. Outback australiano. Più infiammato che mai. L’ecosistema è andato a farsi benedire, non piove, l’acqua più preziosa dell’oro. Un puntino luminoso in questo scenario rosso sono Hen (Ronan) e Junior (Mescal), che vivono in una fattoria in the middle of nowhere e tirano avanti come possono, più spesso come non possono. Se la terra è secca, dal loro matrimonio non zampilla più nulla. Come Hen dirà più tardi: “Siamo diventati scontati”, come se ribadirlo fosse originale.
A portare un po’ di linfa a questa coppia avvizzita dal tempo, dall’abitudine e dall’apocalisse ci pensa un losco funzionario governativo, arrivato di notte come le peggiori sventure. È incaricato dalla OuterMore (un’azienda privata che per conto dello Stato sta adibendo stazioni spaziali ad habitat umani alternativi) di requisire l’uomo, idoneo sotto ogni aspetto, e di trasferirlo per due anni in uno dei pianeti artificiali. La giovane moglie però non resterà sola: al posto del marito potrà beneficiare per un biennio di un sostituto biologico, una perfetta copia di Junior.
Fermiamoci qui, che del resto è anche qui che il film si ferma. Di tutti i possibili sviluppi, dalla fantascienza ecologista al thriller con il replicante, Il nemico sceglie il più prevedibile, ovvero il mélo con il clone. Utilizzando sostanzialmente lo spunto sci-fi come espediente per raccontare la più vecchia delle storie, la fine di un amore. L’equazione tra la fine della Terra e quella del matrimonio è smaccata, ma peggio è il sontuoso estetismo della messa in scena, che somiglia a un Malick illustrato, senza i risvolti filosofici.
Propria la penuria speculativa, cardine del buon cinema di fantascienza, è un altro dei limiti dell’operazione. Che commette un’ulteriore leggerezza nel privilegiare il punto di vista della donna, quando sarebbe stato molto più interessante seguire quello del clone. Ma il problema principale è che non riesce mai a tirare fuori una storia dai tanti potenziali racconti. Come se, al pari di Hen e Junior, non sapesse proprio dove andare a parare. Finendo così per girare a vuoto, tra emotività a singhiozzi, stadi semi-onirici, colori brunastri e vuota allusività.
Fumo negli occhi, senza che la terra bruci.